Alcuni team di osservatori Onu della missione in Siria sono riusciti a raggiungere il villaggio di Tremseh, dove nei giorni scorsi si è consumato quello che sembra essere finora il peggior massacro da quando, sedici mesi fa, è iniziata la rivolta contro il regime di Bashar Assad. Lo ha detto Sausan Ghosheh, portavoce della missione Onu, spiegato che nel pomeriggio di sabato, i caschi blu sono entrati nel villaggio, circa 25 chilometri a nord ovest di Hama. I caschi blu dovranno cercare di appurare cosa è successo nel villaggio, dove ci sarebbero stati tra i 150 e i duecento morti. La versione degli eventi fornita dai gruppi di opposizione e quella del governo siriano divergono in modo completo. “Abbiamo mandato sul posto una pattuglia rinforzata, per accertare i fatti” ha detto Ghosheh secondo l’agenzia di stampa Reuters.

Secondo al Arabiya, il primo rapporto dei caschi blu attribuisce il massacro a una operazione aerea dell’aviazione militare siriana. “La situazione nella provincia di Hama rimane molto volatile – dice il rapporto, di cui sono stati pubblicati alcuni passaggi – Le forze dell’aviazione siriana (SAAF) continuano a colpire su vasta scala le zone urbane popolate a nord di Hama. L’operazione a Tremseh viene considerata come un’estensione delle operazioni condotte in questi ultimi giorni nella zona compresa tra Khan Sheikun e Suran”, prosegue il rapporto. Questo prima valutazione però non è ancora sufficiente a chiarire quanto è successo, visto che le cifre delle vittime del massacro oscillano tra i cinquanta morti (miliziani del Free Syria Army, secondo la tv di stato siriana) ai quasi duecento denunciati da alcuni gruppi dell’opposizione. Finora, le vittime identificate sarebbero 74. Secondo il rapporto, che deve ancora essere confermato ufficialmente, uno dei team dell’Onu mandato in osservazione nella zona di Tremseh, è riuscito ad arrivare a pochi chilometri dal villaggio, prima di essere fermato da un posto di blocco dell’aviazione siriana. Gli osservatori, avrebbero potuto vede elicotteri da combattimento colpire uno dei villaggi vicini. Inoltre avrebbero potuto vedere anche dei veicoli civili che portavano persone armate, senza però riuscire a identificare se fossero ribelli del Fsa o miliziani al Shabiah filogovernativi, quelli che secondo i gruppi di opposizione, sarebbero responsabili anche del massacro di Hula.

Nonostante molti dubbi che ancora circolano su quanto successo nel villaggio, l’Onu ha però accertato che durante i combattimenti sono stati usati elicotteri, armi pesanti e carri armati, e già questo potrebbe essere considerato una violazione dei sei punti dell’accordo mediato ad aprile da Kofi Annan. L’inviato speciale di Onu e Lega Araba per la Siria ieri ha usato parole molto pesanti per condannare il massacro, che secondo le opposizioni è responsabilità del governo, mentre per il governo è opera di “gruppi terroristici armati”. Annan si è detto “scioccato” per quanto successo a Tremseh. Ancora più dure le parole del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon: “Condanno nel modo più forte possibile l’uso indiscriminato dell’artiglieria pesante e il bombardamento delle aree popolate, anche con gli elicotteri – ha scritto Ban Ki Moon in una nota ufficiale – Questi atti di violenza sono una chiara violazione del piano in sei punti, delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza 2042 e 2043 e della legge internazionale e sollevano seri dubbi sulle recenti espressioni di impegno da parte del presidente siriano Bashar al Assad nei confronti del piano in sei punti nel suo incontro con l’inviato speciale dell’Onu Kofi Annan”. In vista della riunione del Consiglio di sicurezza che deve decidere sul rinnovo della missione Onu a Damasco, Ban Ki Moon si è rivolto direttamente ai paesi che ne fanno parte, chiedendo “un’azione collettiva e decisiva per fermare la tragedia in atto in Siria. L’inazione diventa una licenza per ulteriori massacri”. Se ciò non accade, il segretario ha parlato di “serie conseguenze”.

Intanto almeno trenta persone, di cui ventidue civili, sono rimaste uccise oggi secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). L’organizzazione non governativa, con sede a Londra, precisa che sette civili, compresi una donna e quattro bambini, di cui tre della stessa famiglia, sono morte quando un proiettile di mortaio è caduto sulla casa in cui si trovavano nel quartiere di Al Jubeila a Dayr az Zor. Sei ribelli sono invece stati uccisi in scontri con le forze governative vicino alla frontiera con la Turchia, nella cittadina di Al Tel. L’Ondus aggiunge che almeno due civili sono morti in bombardamenti sulla città di Homs e una donna incinta è stata uccisa in uguali circostanze ad Al Quseir, nella provincia di Homs. I Comitati locali di coordinamento dell’opposizione segnalano ancora bombardamenti su sobborghi di Damasco, in particolare Maliha, Zabadein e Deir al Asafir, sulla città di Rastan e, per il quattordicesimo giorno consecutivo, su Izaz, nella provincia di Aleppo.

di Joseph Zarlingo

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