Presenze ingombranti e ombre sull’eterna emergenza campana. Nel 2005 l’incontro tra il latitante Michele Zagaria, capo indiscusso dei Casalesi, e delegati delle istituzioni per discutere di affari e rifiuti, con la mediazione di intermediari dei servizi. Le indagini dovranno chiarire i contorni di questo eventuale patto, ma un fatto è certo: gli 007 hanno avuto un ruolo nei periodi più gravi dell’emergenza. “E’ normale che ci fossero agenti dei servizi – racconta una fonte investigativa – . Se dopo anni il problema è rimasto irrisolto tutti i corpi dello stato hanno fatto il possibile, dato il proprio contributo”.

Proviamo a capire meglio queste presenze. Uomini dei servizi segreti entravano e uscivano dal Commissariato per l’emergenza rifiuti a Napoli come se fossero stati a casa loro. Nel periodo di gestione di Guido Bertolaso, l’ex capo della protezione civile dava sempre per scontata questa presenza. Uno degli archivi viventi sullo scandalo rifiuti è Giulio Facchi. Ex sub commissario, imputato nel processo madre che vede sotto accusa anche Antonio Bassolino e i vertici (ex) di Impregilo, racconta che organizzò un incontro tra gli uomini dei servizi proprio con Antonio Bassolino, allora commissario all’emergenza. “Fu io a fissare quell’incontro visto che in altre occasioni – racconta Facchi – mi ero incontrato con un altro funzionario, almeno tre quattro volte, l’agente A.C. Sono certo che i servizi, dopo il 2004, riuscirono alla fine a piazzare un loro uomo all’interno del commissariato, una persona che era già stata consulente di un consorzio casertano”.

Dopo il 2004 al commissariato di governo arriva il prefetto Corrado Catenacci (di recente coinvolto nell’inchiesta sul percolato in mare). Ma una traccia sui rapporti dei servizi con uomini chiacchierati c’è e riguarda Cipriano Chianese, avvocato faccendiere, candidato nel 1994 alla Camera dei deputati per Forza Italia con il sostegno dei Casalesi, secondo la Procura di Napoli. Chianese finisce ancora ai domiciliari nel gennaio 2010, avrebbe ricattato il commissariato: minacciava la chiusura degli impianti per ottenere soldi e pagamenti non dovuti. Viene definito imprenditore mafioso fino al 1996, il ramo di competenza quello dei rifiuti. Il caso Chianese mostra come in questi anni lo Stato, per suo conto il commissariato, abbiano bussato alla porta di chiunque e si sia piegato anche agli interessi criminali. Il primo arresto per Chianese arriva nel 2006 e in quell’ordinanza c’è traccia di alcuni incontri con gli uomini dei servizi. Non solo, emerge il ruolo e l’importanza dell’avvocato-faccendiere. Chianese si incontra con due uomini dei servizi. Anno 2003. Il primo, agente del Sisde, chiede a Chianese di intervenire per evitare un trasferimento e conta sull’amicizia pesante del faccendiere con un generale dell’arma dei carabinieri. Si comprende il potere di Chianese, braccio imprenditoriale del clan, secondo la Procura di Napoli, con amicizie ed entrature tra magistrati, forze generali dell’arma e 007. Nel secondo incontro Chianese insieme con il figlio di un affiliato al clan dei Casalesi, si reca a Latina a casa di un altro uomo dei servizi. Ma episodi e incontri non finiscono.

Torniamo a Facchi, e alla sua esperienza di sub-commissario per l’emergenza rifiuti. “Una volta fui portato dagli 007 a Gaeta. Parlammo della situazione rifiuti. Ero con tre funzionari dei servizi segreti. Si trattò, come in tutte le altre occasioni, di un incontro istituzionale. Fu tutto registrato”. Il giorno dopo Facchi fu raggiunto da una telefonata: “Dal commissariato mi chiesero di quel colloquio, a riprova che i servizi avessero un canale aperto anche con i vertici”. Quello che, spesso, Facchi suggeriva agli agenti come chiave di analisi era il livello di infiltrazione camorristico: “Io lo registravo più in alto, legato alla nuova gestione dei rifiuti e i servizi si mossero in quella direzione per individuarlo”. Non è dato sapere cosa successe dopo il 2004, se quel livello camorristico più alto diventò davvero un interlocutore per gli uomini dello stato. Di certo ci furono gli incontri tra delegati istituzionali e i vertici dei Casalesi e di certo fino al 2010, ne sono la riprova le interdittive, le aziende che hanno gestito terreni e discariche, la camorra ha ‘mangiato’ sulla munnezza. Se con l’accordo dello stato, attraverso un patto è tutto da chiarire.

di Tommaso Sodano e Nello Trocchia

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