Cucina

Pier Giorgio Parini: la prima Stella

di Lorenza Fumelli

A Torriana (RN), un paesino piccolissimo nel cuore della Romagna, c’è un’osteria che fa parlare di sé. Il merito è di Fausto Fratti e della sua compagna Stefania i quali nutrono da sempre una passione sincera per la buona cucina e un talento innato nello scoprire giovani cuochi di grande talento per il loro ristorante, l’Osteria del Povero Diavolo. Ormai da quattro anni, è Pier Giorgo Parini ad indossare la divisa da Chef, lo stesso Parini che il Wall Street Journal ha nominato tra i migliori 10 giovani cuochi d’Europa, solo qualche settimana fa. Giorgio, come lo chiamano i suoi amici, ha 33 anni, nasce da una famiglia di agricoltori, è un grande conoscitore di profumi e sapori nonché interprete di una cucina coraggiosa e originale fatta di ingredienti particolari e accostamenti arditi. Oggi ha ricevuto un altro riconoscimento: la guida rossa Michelin Italia per il 2011 lo ha premiato con la prima Stella. Lo abbiamo incontrato per conoscere un po’ della sua storia.

Tutti hanno avuto un maestro, chi lo è stato per te?
Oltre a Fabio Rossi, ora Chef de La Vite di San Patrignano e Massimiliano Alajmo de Le Calandre, il mio primo maestro è stato mio padre, agricoltore come suo padre prima di lui. E’ un lavoro durissimo che anche io ho provato a fare e che mi ha insegnato alcune cose che oggi ritengo fondamentali: il modo di affrontare l’impegno quotidiano e il rispetto della terra e del cibo. In una famiglia di contadini tutto quello che arriva in tavola è frutto di ore di fatica e questo ti porta ad avere maggiore sensibilità per quello che mangi. Un altro vantaggio è stato conoscere i sapori degli alimenti prima di essere trasformati, quelli vero. Da bambino mi capitava di seguire i miei genitori nei campi ed amavo assaggiare qualsiasi verdura appena raccolta. Ricordo precisamente il sapore delle fragole sporche di terra, cosa che tra l’altro vorrei provare a riprodurre in un piatto. La formazione del mio archivio di sapori ha origine in quegli anni, magari non ho memoria per nomi o numeri ma difficilmente dimentico il gusto e il profumo e ancora oggi non ho perso l’abitudine di assaggiare tutto: alberi, foglie, erbe. Quando trovo qualcosa che mi incuriosisce ne faccio spesso parte di un piatto.

Quali particolari sapori hai sperimentato in cucina?
Le foglie del cipresso e le sue pigne verdi, per esempio, le viole selvatiche, i fiori di mandorlo e di pesco, il levisco, l’angelica, l’isoppo, praticamente ogni tipo di erba aromatica. La mia cucina si basa sui profumi, è quella la parte più importante anche se non si riesce sempre ad estrarne uno e a metterlo in un piatto.

La tua famiglia ti fornisce la materia prima?
A volte sì, anzi spesso sono io che gli chiedo di piantare qualcosa di particolare per poi poterla usare. Ovviamente acquisto materie prime anche da altri e all’inizio è il coltivatore che mi deve colpire. Voglio conoscere le sue motivazioni e il modo in cui lavora al di là delle etichette come biologico e altre mode del momento. La persona viene prima del prodotto stesso. Lavorando insieme col tempo si instaura un rapporto di fiducia e aiuto reciproco, è una bellissima sinergia.

Questi riconoscimenti cambieranno qualcosa nel tuo modo di lavorare?
E’ proprio quello che non voglio che succeda. Continuerò a lavorare come ho sempre fatto e soprattutto continuerò a cucinare per gli ospiti del ristorante a prescindere che siano clienti, amici o persone che assegnano punteggi.

“Riso in Bianco” ha conquistato buongustai di tutta Europa ed è una perfetta sintesi della tua ricerca. Ci spieghi la ricetta?
Gli ingredienti per quattro persone sono: 320g di Riso Rosa Marchetti, 60g di foglie di cipresso, 3 pigne verdi del cipresso, un cucchiaio di parmigiano, 700g d’acqua, un cucchiaio di burro, 3 o 4 gocce di limone e sale. Si prepara il burro al profumo di cipresso in questo modo: prima è necessario grattare le pigne molto finemente servendosi della grattugia della noce moscata, poi vanno stese su un tagliere e ricoperte con il burro a temperatura ambiente, lasciando riposare. Trascorsi due giorni bisogna filtrare il burro per togliere la pigna, schiacciarlo e conservarlo normalmente. L’acqua per cuocere il riso viene prima insaporita con le foglie di cipresso lasciandole in infusione a 50° per circa tre ore. Dopo di ché è molto semplice: tostare il riso senza aggiungere grasso in una pentola, bagnare con l’acqua di cipresso filtrata e portare a cottura. Una volta cotto, togliere dal fuoco e mantecare con il burro di cipresso, il parmigiano e le gocce di limone. L’unica accortezza è quella di servire il riso su una punta di fondo bruno: tutte le cose a base d’acqua e senza grassi in bocca hanno un sapore immediato che però non ha profondità, tende a scivolare via. Il fondo bruno, pur se in dosi irrisorie, serve a dare un po’ di grasso e di acidità che permette alle papille gustative di fissare il sapore più a lungo.

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