Roma come Milano? Anche il comune della Capitale rischia di essere messo in ginocchio da una serie di fallimentari sottoscrizioni di contratti finanziari derivati di cui beneficiano solo le banche? E’ questa, in sintesi, la domanda espressa dall’Associazione Nazionale Dipendenti e Utenti dei Servizi Pubblici Locali (Antigene) e da Radicali Roma in un esposto presentato nei giorni scorsi in Procura. Nella richiesta, basata sui dati resi noti nell’ultima relazione della Sezione Regionale per il Lazio della Corte dei Conti sulla gestione delle finanze 2004-2007, si ipotizza il reato di truffa. Il 18 giugno la Corte tra l’altro aveva spiegato che nei quattro anni, l’amministrazione di centrosinistra aveva tenuto comportamenti “che hanno compromesso la stabilità dei conti comunali”. Tanto che nel 2007 il buco, secondo i giudici contabili, risultava essere di 712 milioni di euro contro l’utile di 427 milioni dichiarato dal Comune.

Adesso, la consegna dell’esposto in Procura, dà ufficialmente il via a un nuovo capitolo di una vicenda dai contorni particolarmente misteriosi sui quali, da tempo, varie associazioni hanno inutilmente tentato di far luce. In passato Adusbef, Federconsumatori e la stessa Antigene avevano avanzato una richiesta di accesso agli atti per verificare i dettagli sui contratti derivati stipulati dalla municipalità romana, ma il Comune aveva sempre opposto il suo rifiuto. A svelare parte del mistero ci ha però pensato la Corte che parla di rischi legati al “pagamento di flussi finanziari crescenti e senza alcun limite”, di “vere e proprie scommesse” allestite sui bilanci pubblici e di “sbilanciamenti a favore delle banche”.

Insomma, la vicenda ricorda molto quella del maxi swap sui bond del Comune di Milano che ha portato in tribunale 4 banche (Ubs, Jp Morgan, Deutsche Bank e Depfa), 11 loro dipendenti e due ex funzionari di Palazzo Marino con l’accusa di truffa aggravata. Anche qui una ristrutturazione debitoria, anche qui i micidiali interest rate swaps – i derivati sottoscritti con l’obiettivo di ammortizzare la volatilità dei tassi – , e anche in questo caso, ovviamente, il sospetto di una grave asimmetria informativa tra banche e Comune. Gli istituti bancari, in altri termini, avrebbero convinto la giunta a sottoscrivere contratti rivelatisi svantaggiosi assicurandosi nuovi profitti e gonfiando al tempo stesso un debito sempre più gravoso destinato a pesare per decenni sulle spalle dei contribuenti.

Il quadro completo della galassia debitoria non è ancora disponibile ma qualche nome ha già iniziato a circolare. Su richiesta di Antigene, i consulenti finanziari indipendenti Lucio Sgarabotto e Giovanni Montani della società LS Advisor hanno effettuato un’analisi dei contratti sottoscritti dal Comune esprimendo forti perplessità sull’opportunità delle intese realizzate con gli istituti Dexia Crediop e Banca per la finanza alle opere pubbliche e alle infrastrutture (OPI) del Gruppo Intesa Sanpaolo. Secondo LS, i derivati acquistati coprono una cifra complessiva di quasi 480 milioni di euro ma, soprattutto, risulterebbero “inutili o complessi”. “L’Ente ha sottoscritto derivati che trasformano un debito a tasso fisso nuovamente a tasso fisso – spiegano gli analisti – . L’inutilità per il Comune di Roma dal punto di vista della diminuzione del rischio è evidente. Poiché anche economicamente tali contratti non risultano efficienti, le motivazioni per la sottoscrizione devono risiedere altrove”.

Gira e rigira, insomma, ci si ritrova di fronte alla solita vecchia storia fatta di grave incompetenza e palesi conflitti d’interesse in cui le banche si rivestono del doppio ruolo di intermediari e consulenti soggetti all’insopprimibile incentivo di “suggerire swap esotici ad alto margine di profitto, contrari spesso alle esigenze specifiche dell’Ente”.

Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’economia sarebbero almeno 664 gli enti pubblici che hanno siglato contratti derivati con le banche per un valore complessivo pari a 35 miliardi, all’incirca un terzo del debito accumulato dagli enti (107). Alla fine del 2008 le perdite complessive superavano i 47 miliardi, un dato che aveva spinto gli inquirenti a indagare sui contratti swap siglati da 40 comuni, 2 regioni (Piemonte e Toscana) e una provincia (Brindisi) per oltre 9 miliardi. Oltre il 25% dei contratti, in altri termini, risultava già allora sospetto. Il debito complessivo del Comune di Roma non è noto ma le ipotesi sono tutt’altro che incoraggianti.

A marzo Il Sole 24 Ore ha parlato di 12 miliardi, una cifra che non trova conferme né smentite. Un paio di mesi or sono, una nota ufficiale della Rete Romana di Mutuo Soccorso ha stimato in quasi 7 miliardi il valore dei derivati stipulati tra il 2003 e il 2008 dall’allora sindaco Walter Veltroni e dall’assessore Marco Causi. Gli interessi, 467 milioni per il 2008, sono saliti a 633 milioni nel 2009 e dovrebbero toccare quota 689 alla fine di quest’anno.

GLOSSARIO: Che cosa sono gli interest rate swaps comprati dai comuni di Roma e Milano?

Gli interest rate swaps (IRS) sono prodotti finanziari derivati che permettono di scambiare un finanziamento a tasso fisso con un finanziamento equivalente a tasso variabile. Anche qui, se parto da un tasso fisso e passo a un tasso variabile e poi i tassi scendono, grazie allo swap pagherò meno interessi, se invece i tassi salgono ne pagherò di più. Il contrario succederà alla mia controparte che, con lo swap, mi ha ceduto il suo finanziamento a tasso variabile per prendersi il mio a tasso fisso. E’ importante ricordare che i derivati possono garantire, tipicamente, immediata liquidità (il cosiddetto cash upfront) mentre le perdite reali compaiono nel bilancio solo alla scadenza del contratto quando gli amministratori hanno da tempo esaurito il proprio mandato. Tale particolarità tende inevitabilmente ad incentivare gli interessi di breve periodo da parte degli amministratori stessi.

La ricerca Analisi sintetica dei derivati stipulati dal Comune di Roma di LS Advisor può essere scaricata in pdf dal sito

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