Il mondo FQ

Da Kampala a New York: la storia africana dietro il primo sindaco musulmano della Grande Mela

Per i giovani africani disillusi dai sistemi politici potrebbe diventare un esempio
Da Kampala a New York: la storia africana dietro il primo sindaco musulmano della Grande Mela
Icona dei commenti Commenti

Allora, è successo davvero. New York ha un sindaco di 34 anni, musulmano, afrodiscendente nato a Kampala, con la doppia nazionalità (ugandese e americana) che si è trasferito nella Grande Mela quando aveva 7 anni per diventare oggi il più giovane sindaco, in oltre un secolo, a guidare la città più grande d’America.

Zohran Mamdani nei mesi scorsi sui suoi social ha fatto il pieno di like e condivisioni, soprattutto tra i giovani della Gen Z e i Millennials. Ha ammesso di fumare marijuana, rappa, ha conosciuto sua moglie sull’app per incontri Hinge, ha organizzato proteste pro-Palestina, corre alla maratona di New York, e vuole i mezzi di trasporto pubblici gratuiti, case abbordabili per tutti e tasse più alte per i miliardari.

Ma questa non è solo una storia americana. È una storia anche africana, intrecciata con l’Uganda, il Sudafrica, la lotta anticoloniale. Il padre di Zohran Mahmood Mamdani è professore alla Columbia University, ma ha insegnato per molti anni alla Makerere University in Uganda, e i suoi scritti accademici sono influenti nel campo degli studi postcoloniali. La madre è la regista Mira Nair, nata a Rourkela, India, una film maker che ha dedicato la sua carriera alle tematiche di migrazione, identità e intersecazioni culturali. Oggi la famiglia Mamdani divide il tempo tra Stati Uniti, India e Uganda, dove possiede una casa su una collina in una zona benestante di Kampala. A luglio 2025, la famiglia si riunì proprio lì per la festa dopo il matrimonio di Zohran, sottolineando così una volta di più le sue radici ugandesi.

C’è un altro pezzo della storia africana di Zohran che pochi conoscono. Mamdani ha frequentato la St George’s Grammar School a Mowbray, Cape Town, dove la sua famiglia si era trasferita quando era bambino. Ha quindi vissuto anche in Sudafrica durante gli anni cruciali della transizione post-apartheid, crescendo in un paese che stava ancora elaborando la sua eredità coloniale e razziale.

Il suo è anche il racconto di una “diaspora che ce l’ha fatta”: la storia di un ragazzo cresciuto tra tre continenti, formato da un padre che ha dedicato la vita a decostruire il colonialismo africano e da una madre che ha trasformato l’Uganda in una seconda casa creando un laboratorio cinematografico per giovani africani.

Se questo giovane sindaco di New York afrodiscendente riuscirà davvero a superare la violenza dello tsunami che lo aspetta e l’odio viscerale del cowboy della Casa Bianca, per i giovani africani disillusi dai sistemi politici potrebbe diventare un esempio. Un passo alla volta. Una città alla volta.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione