L’antimafia nell’ultimo periodo ha raggiunto livelli per me insopportabili: non va perso il rispetto
Sono qui a far rilevare la mia amarezza e sconcerto di come in questi ultimi anni è stata ed è veicolata l’antimafia: segnatamente in quest’ultimo periodo ha raggiunto livelli insopportabili. Non oso pensare come avrebbe definito questa antimafia il compianto mio correzionale Leonardo Sciascia, che con particolare acume ci tramandò la definizione dei cosiddetti uomini.
Alcuni personaggi, ferventi antimafiosi, sovente dimenticano che siamo in uno Stato di diritto e che i processi si celebrano nei luoghi deputati, ovvero nei Tribunali, e non nei talk show, o sui media. Noto che ormai tutto è ridotto a gruppi o fazioni simili a supporter calcistici, ove il proprio pensiero antimafia conta più dell’altro: guai se espliciti il tuo pensiero, vieni considerato un nemico della verità. Non voglio essere monotono e nemmeno tediare chi legge, ma vivaddio non ci sarebbe nemmeno bisogno di evidenziare che galantuomini come i dottori Falcone, Borsellino e Chinnici, coi loro atti e parole, non dimenticarono il rispetto verso le istituzioni in genere e benché meno verso altri uomini.
Oggi? Oggi si è smarrito quel senso di rispetto, che una volta era la pietra miliare dei rapporti tra uomini. Ad ogni ricorrenza degli anniversari delle stragi di Capaci e via D’Amelio, affiorano contrasti e assurde critiche, per primeggiare nell’essere i soli titolati a ricordare i martiri: tutto ridotto a comportamenti infantili, dimenticandosi che in quei momenti occorrerebbe silenzio e rispetto verso chi ha perso la vita per questo Paese. Nessuno è titolare del copyright delle ricorrenze per onorare i caduti delle due stragi, nemmeno i familiari delle vittime: i martiri delle stragi appartengono a tutti gli italiani onesti e, quindi, si smetta di “recintare” i luoghi simboli colmi di sangue innocente.
Mi auguro che il prossimo 19 luglio sia colmo d’amore verso il dottor Paolo Borsellino, Emanuela, Walter, Vincenzo, Claudio e Agostino e che si mettano da parte contrasti e diatribe. E soprattutto che ci sia libero accesso per chiunque, indipendente dalla fede politica. In quest’ultimo periodo registro dal mondo antimafia tanti strafalcioni che mai avrei immaginato di sentire o leggere. Sono rimasto basito nel leggere in alcuni giornali delle affermazioni non vere: qualcuno asseriva che la borsa del magistrato Giovanni Falcone, “era stata fatta sparire, con le due agende”, immediatamente dopo la strage di Capaci. Ho ritenuto doveroso scrivere ai giornali, per informarli che in rete esistono documentazioni processuali, cartacei e audiovisive, che affermano il contrario, ossia che tutte le borse del dr Falcone e di sua moglie, la dottoressa Francesca Morvillo, furono rinvenute immediatamente nella strage di Capaci, repertate e chiuse in un armadio blindato del Tribunale di Palermo. Le agende erano custodite nella Fondazione Falcone, mentre ora si trovano nel neo Museo del presente Falcone e Borsellino. Sarebbe stato consequenziale un minimo riscontro alle mie mail, laddove chiedevo la rettifica: invece nulla.
Un’altra cosa che testimonia come non esista più l’antimafia degli anni passati è che si può dire tutto e il contrario di tutto, senza che il narrato venga supportato da elementi fattuali. Non parliamo poi dei supposti esperti di scienza giuridica presenti sui social: tuttologi del nulla. Parimenti, esistono anche i veri esperti, che se ogni tanto si ricordassero che le sentenze – pur sottoposte a critiche – dovrebbero essere almeno rispettate… E non ad ogni piè sospinto metterle in discussione: se vi sono i presupposti di legge, potrebbero – visto che parlo di avvocati e magistrati – chiedere la revisione dei processi. Non mi permetto di mettere in discussione certe propalazioni a mo’ di denuncia plateale, perché non è mia abitudine dare giudizi di merito. Infatti, sto aspettando con particolare trepidazione che quanto prima ci saranno sviluppi giudiziari in merito alla denuncia portata avanti da un noto giornalista di cui ho già parlato. Rimango in attesa.
Infine, vorrei far comprendere che la divulgazione della cultura della legalità dovrebbe avvenire senza scopo di lucro, ovvero non mercificare sul sangue versato dagli innocenti e segnatamente su Capaci. Graziella Accetta, mamma dell’innocente bambino Claudio Domino ucciso dalla mafia, e il sottoscritto da anni incontriamo gli studenti senza nulla percepire, nemmeno dai nostri libri. Altro che business in auge.