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Attacco Usa all’Iran, il mistero dei 408 chili di uranio spariti: dai camion ai siti segreti, le ipotesi. “L’arricchimento? solo rimandato”

"Tutto si riduce al materiale e a dove si trova", ha spiegato al Financial Times Richard Nephew, il principale esperto di sanzioni nel team che nel 2015 per l'amministrazione Obama firmò il Jcpoa, l’accordo con l’Iran
Attacco Usa all’Iran, il mistero dei 408 chili di uranio spariti: dai camion ai siti segreti, le ipotesi. “L’arricchimento? solo rimandato”
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Le 14 bombe GBU-57 sganciate dai B-2 sugli impianti di arricchimento di Fordow e Natan e gli oltre venti missili da crociera Tomahawk lanciati da un sottomarino di classe Ohio contro Isfahan hanno al più ritardato di qualche mese il programma atomico iraniano. Dove si trovino i 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60% di cui aveva parlato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica nel suo report del 31 maggio, che veniva conservato in polvere in grandi cilindri nei tre siti bombardati dagli Stati Uniti e che secondo alcuni osservatori potrebbe essere arricchito “weapon grade” (al 90%) in pochi giorni se Teheran decidesse di farlo, è la questione ora urgente per capire se i progetti di Teheran sono stati compromessi o solo rimandati, e nel caso di quanto, magari con impianti ora distribuiti in siti più piccoli e ancora segreti. “Tutto si riduce al materiale e a dove si trova”, ha spiegato al Financial Times Richard Nephew, il principale esperto di sanzioni nel team che nel 2015 per l’amministrazione Obama firmò il Jcpoa, l’accordo nucleare con l’Iran.

“Sulla base di quello che abbiamo potuto capire fino a ora, non lo sappiamo. Non abbiamo alcun elemento reale per sostenere che abbiamo le capacità per poterlo trovare presto. Sarebbe folle dire che il programma è stato ritardato più di qualche mese”, commenta Nephew. Il consigliere di alto grado di Ali Khamenei, Ali Shamkhani, ha affermato che le capacità nucleari sono rimaste intatte. “Anche se i siti nucleari sono stati distrutti, i giochi non sono fatti. I materiali arricchiti, le conoscente che abbiamo sviluppato e la volontà politica rimangono intatti“.

Il 19 e il 20 giugno, poche ore prima dell’attacco, attorno al sito Fordow è stato registrato parecchio movimento. Maxar Technologies ha realizzato immagini satellitari che mostrano lunghe file di camion muoversi lungo le arterie stradale adiacenti all’impianto. Diversi commentatori hanno ipotizzato che possano essere stati utilizzati per portare via le scorte di uranio prima dei bombardamenti, una versione accreditata anche dall’agenzia iraniana Mehr. Ma trovare la direzione tra le narrazioni propalate degli attori impegnati nel conflitto non è facile. “Nessuno potrà dire con certezza per giorni” se l’Iran è stato in grado o meno di spostare l’uranio altamente arricchito, ha ammesso il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, esprimendo dubbi tuttavia sulla possibilità che in questo momento possa essere stato spostato. “Nello stesso minuto in cui un camion inizia a spostare qualcosa, gli israeliani lo vedono, lo prendono come obiettivo e lo distruggono”, ha aggiunto. A fronte di questi commenti tuttavia altri analisti considerano che sarebbe stato “molto ingenuo da parte del regime averlo mantenuto in questi siti. L’uranio ora è indenne”.

“Le cose che non sappiamo ora cominciano a farci male”, sottolinea Nephew. “Se hanno messo in piedi una linea per la conversione dell’uranio e se fossero stati in grado di arricchirlo al 90 per cento a Fordow prima dell’attacco, e hanno avuto otto o nove giorni, avrebbero avuto abbastanza tempo, potenzialmente, per due bombe”, precisa Nephew. “Hanno abbastanza uranio arricchito da qualche parte e hanno portato alcune centrifughe avanzate da qualche altra parte per poter ottenere prima o poi una testata nucleare. Il programma non è stato completamente distrutto, checché ne dica Trump”, spiega l’ex analista di Iran del Mossad Sima Shine. Anche se altri fanno notare che con l’uccisione di 11 scienziati coinvolti nel programma, nei raid di Israele, potrebbe essere difficile costruirle.

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