Open Arms, i giudici: “Nessun obbligo di fornire il Pos” gravava “sullo Stato italiano” né su Salvini

A sei mesi dall’assoluzione del ministro Matteo Salvini, sono state pubblicate le motivazioni della sentenza sul caso Open Arms. Secondo i giudici lo Stato italiano non aveva l’obbligo di fornire il Porto Sicuro (Pos) alla nave. L’ex vice premier e ministro dell’Interno era accusato sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Alla imbarcazione, ad agosto del 2019, il Viminale vietò, illegittimamente secondo l’accusa, di far sbarcare i migranti soccorsi in mare. Salvini quando era ministro dell’Interno nel governo Conte I, negò per 19 giorni lo sbarco in Italia di 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola. Per i giudici comunque il divieto di ingresso fu “illegittimo” e la logica del concedere il Pos solo dopo aver ottenuto dagli altri paesi europei un accordo per la redistribuzione non si basa su nessuna normativa e per questo “quanto meno opinabile”.
“Nessun obbligo di fornire il Pos” – “Il convincimento che nella vicenda oggetto del presente procedimento nessun obbligo di fornire il Pos gravasse sullo Stato italiano, né, dunque, sull’odierno imputato, – spiegano i giudici preliminarmente – esime evidentemente il collegio dall’affrontare analiticamente diverse tematiche prospettate ed animatamente dibattute dalle parti quali, ad esempio, quelle relative alla circostanza che la nave Open Arms avesse potuto fungere da Pos, ovvero al fatto che il primo intervento non avesse in realtà riguardato un’imbarcazione in distress, o ancora al fatto che i tempi trascorsi in attesa del Pos potevano legittimamente spiegarsi (anche tenuto conto dei considerevoli tempi ordinari di sbarco impiegati in altre operazioni di salvataggio concluse in Italia, anche in epoca diversa dalla reggenza Salvini del Ministero dell’Interno) con l’esigenza di provvedere prima alla distribuzione dei migranti fra gli Stati Europei”.
Spagna era responsabile – “La Spagna, e non l’Italia, era tenuta a tutelare i diritti delle persone a bordo e, dunque, in linea di principio, anche a fornire l’approdo in un Place of safety (porto sicuro)” chiariscono i magistrati. La conclusione, che è tra i motivi che scagionano il leader della Lega, comporta che l’assenza dell’obbligo di rilascio del Pos in capo al ministro Salvini faccia cadere sia l’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio che quella di sequestro di persona derivata dall’aver negato illegittimamente lo sbarco in Italia ai profughi ad agosto del 2019.
Il tribunale arriva a questa conclusione sulla base di alcune considerazioni “che – scrivono i giudici – definiscono il naturale profilo centrale assunto dalla Spagna nella vicenda (a dispetto di una artificiosa chiamata in causa dell’Italia)”. Il centro di coordinamento e soccorso marittimo della Spagna aveva effettivamente “operato, sin da subito, un sia pur minimo coordinamento da ‘primo contattò, quale quello diretto a orientare la nave (Open Arms coi migranti soccorsi ndr) nella individuazione degli Stati responsabili (o almeno quelli che aveva ritenuto responsabili) per la zona del sinistro, prima la Tunisia e poi Malta, mettendo in contatto l’imbarcazione con le rispettive autorità competenti”.
La ricostruzione – Fin da subito, Malta, “nel declinare la propria responsabilità per i primi due eventi di salvataggio, – spiegano – aveva chiaramente indicato la Spagna (Stato di bandiera) quale unica autorità che avrebbe dovuto assistere il natante nella prosecuzione delle operazioni”. E ancora – precisano – “sia pure dopo diversi giorni, la Spagna aveva finalmente concesso il Pos, esortando la barca a recarsi ad Algeciras e poi nel più vicino porto spagnolo rispetto alla sua posizione (Maiorca), non potendo più disconoscere, a quel punto, vieppiù pressata da stringenti motivazioni umanitarie, la propria giuridica competenza sull’evento. “Infine – motiva il tribunale – quando Open Arms aveva rappresentato l’impossibilità di raggiungere il Pos indicatogli la Spagna aveva disposto l’invio della nave della Marina Militare Audaz per prelevare i migranti soccorsi e condurli in Spagna (organizzando una soluzione alternativa per raggiungere il place of safety)”.
“L’Italia non respinse i migranti” – “Può con sicurezza escludersi che lo Stato italiano avesse respinto i migranti (e tra essi i rifugiati, coloro i quali avrebbero avuto diritto di asilo e coloro che avrebbero potuto correre il rischio effettivo di subire una violazione dei propri diritti fondamentali internazionalmente riconosciuti) verso una nazione in cui sussista un ragionevole rischio di subire un pregiudizio alla propria vita, alla libertà, ovvero all’integrità psicofisica” scrivono i giudici del tribunale di Palermo nelle motivazioni della sentenza. “Invero, – spiegano – lo Stato italiano, inizialmente, col decreto dell’1 agosto 2019 si era limitato ad interdire l’accesso ad Open Arms (che peraltro in quel momento si trovava, in acque internazionali, ad oltre 50 miglia dalle coste italiane) nelle acque territoriali, senza con ciò respingerla verso paesi nei quali i migranti avrebbero corso il rischio di subire i pregiudizi alla propria vita sopra specificati (in tesi, verso la Libia), confidando sul fatto che i paesi direttamente ‘responsabili’ (Spagna e Malta), ove i migranti non avrebbero corso i rischi sopra specificati, avrebbero potuto accogliere i migranti”.
La difesa e la ong – “La sentenza, con motivazione tecnicamente ineccepibile, riconosce la assoluta correttezza della condotta del ministro Matteo Salvini. Non esisteva infatti alcun obbligo di far sbarcare Open Arms in Italia. La sentenza va anche oltre e precisa che chi ha sbagliato è stata proprio Open Arms nel non cercare altre soluzioni” ha dichiarato l’avvocata Giulia Bongiorno, in una nota. “Dopo un primo rinvio da parte del tribunale allo scadere dei primi 3 mesi lo scorso marzo, sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di primo grado avvenuta il 20 dicembre 2024 che assolve Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio, in riferimento ai fatti inerenti alla missione 65 della Ong Open Arms svoltasi nell’agosto del 2019. I nostri legali stanno leggendo le 270 pagine di motivazioni. Attendiamo le valutazioni della Procura della Repubblica” ha commentato Oscar Camps, fondatore della Ong Open Arms.
Le richieste dei pm e la valutazione sull’appello – La procura di Palermo aveva chiesto sei anni di reclusione per l’allora capo del Viminale, che ad avviso dei pm era obbligato a far sbarcare i migranti in un porto sicuro dopo che il Tar aveva annullato il divieto d’ingresso. Il diniego, avevano sostenuto avvenne “nell’intenzionale e consapevole spregio delle regole”. Non andò così secondo i giudici che durante il dibattimento, iniziato il 15 settembre del 2021 e durato 24 udienze, hanno ascoltato 45 testimoni.
Quello di Palermo era il secondo procedimento a carico di Salvini legato al trattenimento di migranti a bordo di navi. Una prima sentenza di non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste, era stata emessa il 14 maggio 2021 nell’aula bunker del carcere di Bicocca per i tempi di sbarco nel luglio del 2019 di 131 migranti dalla nave Gregoretti, della Guardia costiera italiana, nel porto di Augusta, nel Siracusano. Per il giudice dell’udienza preliminare Nunzio Sarpietro, che condivise la tesi della procura e della difesa, non c’era stato alcun sequestro di persona né abuso. I pm di Palermo che hanno istruito il processo Open Arms incontreranno il procuratore Maurizio de Lucia per valutare l’appello alla sentenza, depositata oggi, che ha assolto l’ex ministro Matteo Salvini dalle accuse di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona.