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Nba, che ti succede? Crollano gli ascolti durante le Finals: la crisi di appeal continua ed è senza precedenti

Gara 2 tra Oklahoma City Thunder e Indiana Pacers ha registrato solo 8,76 milioni di telespettatori, un calo del 29% rispetto allo scorso anno. Solo durante la pandemia i dati furono peggiori
Nba, che ti succede? Crollano gli ascolti durante le Finals: la crisi di appeal continua ed è senza precedenti
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Le chiamano Nba Finals ma se non fosse per il logo sulle maglie (ormai è rimasto solo quello) e per il premio in palio (che si decide proprio nel mese di giugno) faremmo fatica a distinguere la serie tra Oklahoma City Thunder e Indiana Pacers da una banale partita di regular season. Non è una questione di gioco e qualità – perché entrambe le squadre hanno dimostrato meritatamente di essere arrivate fino a qui -, ma di ascolti televisivi. Ormai è una costante: in America l’Nba sta passando di moda. E non è nemmeno servito un canestro allo scadere in Gara 1 di Tyrese Haliburton per far riaccendere ai tifosi la televisione e la passione per uno sport che ha sempre meno appeal.

Un calo drastico: il simbolo è Gara 2

Mentre i giocatori riscrivono nuovi record e statistiche mai viste prime, anche il sistema Nba aggiorna dati e insights sempre più scadenti e mai così bassi. La Gara 2 delle finali tra Thunder e Pacers, infatti, ha registrato una media di 8,76 milioni di telespettatori sul canale ABC. Una cifra che va a ritoccare il numero (già di per sé negativo) dello scorso anno: rispetto alle finali tra Celtics e Mavericks il calo è stato addirittura del 29% (in cui erano stati registrati 12,31 milioni di telespettatori). Peggio di così, solo nella “bolla” del villaggio Disney di Orlando durante la pandemia da COVID-19: un dato condizionato in buona parte dalle migliaia di persone ricoverate e dalla positività del presidente Donald Trump che aveva indubbiamente spostato l’attenzione. La Gara 2 di quella finale fu vista in media da 6,78 milioni di persone.

Inoltre, per la seconda volta nella storia dal 1988 le prime due gare delle finali non hanno raggiunto i 9 milioni di spettatori di media. Questo il dato più lampante e chiarificante per una Nba che non piace più come prima e che perde di appeal senza i giocatori copertina che hanno fatto la storia nell’ultimo decennio. A rimanere delusi sono anche gli addetti ai lavori, come Shaquille O’Neal, che ha pubblicamente dichiarato di non voler più guardare neanche un minuto della serie. Il ricambio generazionale non sta dando i frutti sperati e in pochi riescono a identificarsi nei “nuovi”. E la finale “inedita” non diventa novità, ma un flop preannunciato dai dati sconcertanti registrati in stagione regolare.

Assenza di elementi simbolici

Delle Nba Finals è rimasto davvero poco. Soprattutto per tutto ciò che riguarda un insieme di elementi simbolici che hanno da sempre caratterizzato questo evento: niente inno nazionale trasmesso in diretta, niente presentazioni ufficiali dei quintetti e una grafica rimasta pressoché uguale e ridondante a quella vista nelle 82 gare precedenti. Un pessimo esempio di comunicazione e sponsorizzazione che rende l’esperienza televisiva anonima e senza identità. Proprio per questo, l’Nba commissioner Adam Silver ha dichiarato che a partire dalla prossima stagione il logo del del trofeo Larry O’Brien potrebbe tornare a essere visibile sui campi, come nel lontano 2008 nella sfida finale tra gli Orlando Magic di Dwight Howard e i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant. La volontà della lega è chiara: ridare vita a un evento unico nel suo genere e che ora sta vivendo un flop senza precedenti. Gara 1 era stata etichettata come eccezione, invece Gara 2 ha (purtroppo) confermato la tendenza negativa: le finali seguono la regular season. Un’annata snobbata e poco considerata che sta rovinando anche il momento più atteso.

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