Ucraina, per l’Europa è guerra continua: solo così chi la governa può restare saldo al potere

di Stefano Briganti
Dal dossier Pentagon Papers emerse che uno dei motivi principali per il quale gli Usa continuavano il conflitto in Vietnam era che non potevano dire al popolo americano che la guerra l’avevano persa. Dopo anni di morti e soldi spesi, ammettere la sconfitta sarebbe stato politicamente devastante.
Osservando le politiche dei paesi occidentali coinvolti nel conflitto russo-ucraino sembra quasi che lo scenario si ripeta. Dopo aver bruciato centinaia di miliardi in armi e aiuti, aver dichiarato “incrollabile supporto all’Ucraina per la vittoria sulla Russia” e aver sviluppato una strategia per colpire l’economia russa che ha prodotto un effetto boomerang sulle economie dei paesi europei, una sconfitta ucraina è inaccettabile. Lo stesso, e con una rilevanza ancor maggiore, vale per Zelensky che sa che salterebbe il giorno stesso in cui dovesse firmare con Mosca un accordo che fallisca gli obiettivi per i quali Kiev ha perso migliaia di uomini e devastato il paese.
Gli Stati Uniti si stanno progressivamente tirando fuori dal conflitto, limitando l’impatto del ritiro agli occhi del popolo americano. “Questa non è la mia guerra, è la guerra di Biden” ripete a ragione Trump che ha portato in dote all’America un ottimo accordo sullo sfruttamento dei nuovi siti estrattivi di terre rare e fonti fossili ucraine. Si è posto come un presidente pacificatore mettendo però ben in chiaro tre cose: 1) l’Ucraina non può vincere e perciò è bene che tratti con la Russia; 2) essendo una guerra in Europa dovrà essere l’Europa a gestirla ed eventualmente a terminarla; 3) gli Stati Uniti eviteranno azioni che possano esacerbare il conflitto e nessun soldato americano calcherà mai il suolo ucraino.
L’Europa non ha margini per prendere la stessa posizione di Washington perché coloro che hanno appoggiato la guerra dell’Ucraina dal 2022 sono gli stessi che oggi governano in Europa. Per restare al loro posto i governanti francesi, tedeschi, inglesi, polacchi e italiani devono far in modo che il termine “guerra” non si spenga perché è stato speso troppo in termini di soldi e di dichiarazioni. Solo mantenendo “una guerra” attiva è possibile per loro non crollare sotto il peso di una resa ucraina. Ed ecco che la logica della guerra verso la Russia si è modificata nel tempo in linea con i cambiamenti sul campo di battaglia e nel campo della politica.
All’inizio fu aiutare l’Ucraina a difendersi dall’invasore e “difendere lo stato di diritto violato da Mosca”. Le armi date a Kiev dovevano perciò essere usate sul territorio invaso con l’obiettivo di ricacciare indietro l’esercito russo, mentre la guerra economica contro Mosca si prefiggeva l’obiettivo di distruggerne l’economia e bloccare la macchina bellica. Per tre anni la linea è stata “la pace si raggiunge solo sul campo di battaglia”, “trattare con Mosca significa consegnarle la vittoria”, “dobbiamo armare Kiev per darle una posizione di forza ad un tavolo negoziale”.
Con Trump la linea Usa è cambiata e l’obiettivo di Washington è diventato “fine della guerra con negoziati immediati” e uscita degli Stati Uniti dal conflitto. Questo cambiamento ha portato ad una modifica della strategia europea per evitare gli effetti negativi di un trattato che mostrasse il fallimento dell’inflessibilità della narrazione tenuta per tre anni, le relative spese in armi e gli effetti boomerang delle sanzioni. Ora alla difesa dello “stato di diritto violato” dalla Russia si è aggiunta “la difesa di tutta l’Europa dalla temibile minaccia russa” e adesso anche l’infondata tesi di un “test che Putin vorrebbe fare sull’art. 5 dell’Alleanza tra due anni” (Kublius).
Così, finita la guerra russo-ucraina, con tutta probabilità a svantaggio di Kiev, all’Europa potrà sempre rimanere la guerra prossima ventura con il nemico-Russia per poter giustificare la sua strategia bellicista ad oltranza. Mantenere l’Europa in un perenne “stato di guerra” in coda a quella ucraina consentirà a chi la governa di mantenersi saldo al potere.