Crime

Chi l’ha visto, Chiara Poggi aveva scoperto un giro di scandali sessuali legati al Santuario della Madonna della Bozzola? L’ipotesi di un latitante in un documento mostrato da Federica Sciarelli

La trasmissione di Rai 3 svela nuovi particolari sul delitto di Chiara Poggi, la giovane di Garlasco uccisa 18 anni fa. Al centro della vicenda, un presunto scandalo sessuale legato al Santuario della Madonna della Bozzola

di F. Q.
Chi l’ha visto, Chiara Poggi aveva scoperto un giro di scandali sessuali legati al Santuario della Madonna della Bozzola? L’ipotesi di un latitante in un documento mostrato da Federica Sciarelli

Chiara Poggi aveva scoperto un giro di scandali sessuali legati al Santuario della Madonna della Bozzola, e da lì sarebbe partita la vicenda che si sarebbe conclusa il 13 agosto 2007 con la sua morte. Lo sostiene un latitante in un documento che Federica Sciarelli mostra a “Chi l’ha visto?” nella puntata del 21 maggio su Rai3.

Lo scandalo del Santuario – Tutto ruoterebbe intorno a un “segreto” che la città di Garlasco custodirebbe da 18 anni. Nel giugno 2014 a Vigevano, nei locali della diocesi, un carabiniere travestito da religioso vede due uomini romeni parlare col promotore di giustizia inviato dal Vaticano per capire cosa stia succedendo. “I due uomini chiedono al prete 250mila euro per non far scoppiare uno scandalo, e gli fanno sentire un audio del rettore del Santuario della Bozzola di Garlasco. I contenuti sono a sfondo sessuale” spiega il servizio a cura di Vittorio Romano in riferimento a presunti filmati registrati nella camera da letto del religioso, che si sarebbe intrattenuto con diversi giovani.

L’uomo in questione è Don Gregorio Vitali, che non è solo un prete ma anche un esorcista. Dal 1991 è rettore del Santuario, “luogo nel quale ogni mercoledì arrivano fedeli da ogni dove per la preghiera di guarigione e liberazione, una sorta di esorcismo in pubblico”. È lui a fare il famoso appello all’assassino di Chiara Poggi dopo il delitto dicendo: “Mi meraviglio di come riesca a tenere dentro di sé questo macigno”. Il religioso, inoltre, ha fondato diverse comunità di recupero per giovani in difficoltà, orfani, tossicodipendenti, alcolisti. Una di queste sorge proprio accanto al Santuario. “Il rumeno – prosegue Romano – che chiede 250mila euro fa sentire un audio compromettente ma sostiene di avere anche video di festini in una chiavetta usb, probabilmente millanta”.

Come nasce l’inchiesta sui ricatti hot? Qualcuno denuncia? L’avvocato Roberto Grittini risponde: “Nessuno: né le parti offese, cioè i preti, né chi era a conoscenza. È stato un confidente dei carabinieri di Vigevano che, interpellato nel contesto di un’indagine per rapina, racconta di queste anomalie nel Santuario”. Don Gregorio, parte offesa nel processo, ammette un solo rapporto e gli viene proibito di celebrare messa. I clienti di Grittini sono stati condannati per estorsione, ma il materiale con i festini hot lo avevano davvero? “Lo han sempre sostenuto, di fatto i video non sono mai stati forniti. C’era un audio che riproduceva conversazioni hot”. I rumeni alla fine hanno preso i soldi, ma perché è stato comprato il silenzio – ci si chiede – se i filmati non esistevano? “Evidentemente li avevano e si sentivano forti” replica l’avvocato. Malgrado sia latitante, il programma di Rai3 è riuscito a sentire telefonicamente uno dei due: “Poggi aveva scoperto il giro e aveva detto che avrebbe parlato, da lì è partito tutto”. Parole da prendere con cautela visto il profilo criminale del soggetto e l’assenza di riscontri, come sottolinea il giornalista.

Un segreto da custodire – Al rientro dal filmato, Romano fa notare che quando i Carabinieri operano sul pc di Alberto Stasi eliminano il contenuto del cestino. “Questo è uno degli errori giudiziari della prima inchiesta sul delitto di Garlasco” sottolinea in collegamento dal comune pavese. “Un errore macroscopico, quando il pc viene consegnato ai Carabinieri sovrascrivono dei dati. Sapete perché ci occupiamo del suo computer? Perché il delitto è senza movente, il giudice dice ‘Chiara era diventata scomoda, aveva scoperto una verità scomoda’, ma quale? Si è indagato a lungo sul pc di Stasi per capire se lì ci fosse qualcosa, un segreto non divulgabile che coinvolgeva chissà quante persone. Nella perizia si legge che alcuni file di quel computer sono stati cancellati. Mentre alcuni file possono essere stati sovrascritti per errore, come fai a sbagliarti quando cancelli tutto ciò che è nel cestino?” si domanda Romano gettando un’ombra inquietante sul caso ancora irrisolto dopo 18 anni.

L’impronta 33 – Nella trasmissione di Rai3 largo spazio viene dato anche all’impronta 33 ritrovata sul muro delle scale vicino al corpo di Poggi. Secondo la Procura quell’impronta apparterrebbe ad Andrea Sempio, benché ai tempi fosse stata ritenuta “inutile”. Ci sono abbastanza minuzie, invece, per dire che appartiene a lui. 15 per la precisione: “Ne servirebbero 16, anche se alcune sentenze di Cassazione dicono che già 15 vanno bene” commenta la dattiloscopista Raffaella Sorropago ospite in studio. Un’impronta che, come specificato dal procuratore di Pavia Fabio Napoleone, non è insanguinata, a differenza di quel che si era ipotizzato in un primo momento: dettaglio non da poco, dal momento che, conferma Sorropago, la traccia non è databile: “Le impronte digitali possono rimanere per tanto tempo. Con la ninidrina si possono anche conservare per mesi e anni”. E allora il colore rossastro? Perché sembra sangue? È proprio il trattamento con la ninidrina, sostanza usata per rendere visibili le impronte latenti, a darle quella colorazione.

La reazione dell’avvocato di Andrea Sempio – C’è poi la reazione di Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, che commenta con queste parole gli ultimi risvolti della vicenda: “Per me non è vero, se mi spiegano dove l’han trovata, quando e soprattutto a che cosa l’hanno raffrontata ne prenderò nota, per ora mi sembra l’ennesima bufala. Per me le uniche impronte utilizzabili sono quelle apprese in sede di identificazione dell’indagato, il resto è fuffa, uno specchietto per le allodole”. “In quella casa sono stato ovunque” spiega proprio Sempio, “in tutte le stanze tranne la camera dei genitori. È venuto fuori che io usassi il computer di Chiara, però io lì dentro ho toccato tutto quindi se trovassero mie tracce in giro non mi stupirei perché frequentavo la casa”.

Il mistero dell’impronta 10 – C’è un’altra impronta che fa parlare, è la numero 10, ribattezzata “ignota”, perché non corrisponde a nessuna delle persone finora coinvolte nel caso. È stata rinvenuta nella parte interna della porta d’ingresso della villetta Poggi. Giudicata molto interessante dai carabinieri nel 2020, è solo “comparabile” e può essere utile per escludere qualcuno.

Il video della conversazione tra Alberto Stasi e Stefania Cappa – Infine c’è un altro filmato inedito che Sciarelli mostra al pubblico, e riguarda una conversazione – non comprensibile in tutti i punti – che Alberto Stasi e Stefania Cappa (una delle due cugine di Chiara) ebbero in caserma 4 giorni dopo l’omicidio. Lasciati da soli dai carabinieri, i due si confrontano su quanto accaduto il 13 agosto: “L’ho lasciata che stava benissimo” spiega Alberto, mentre Stefania tira in ballo la vecchia padrona di lavoro della cugina. Stasi però replica: “Si sentiva male perché la maltrattavano, le chiedevano di lavorare il sabato, le facevano saltare il pranzo a volte ma non c’entrano nulla”. “Magari dei ragazzi che ce l’avevano con lei” azzarda allora Stefania, ma Alberto non è convinto: “Chiara non può avere nemici”. La cugina avanza l’ipotesi di una rapina finita male: “Secondo me qualcuno è entrato lì dentro e lei si è spaventata” prova a ricostruire il giovane. “Ma alle 9 e mezza?” domanda Cappa, “Non lo so a che ora” replica lui prima che l’audio diventi incomprensibile. Sui social però in molti hanno notato un dettaglio quantomeno curioso: se l’allarme di casa Poggi la mattina dell’omicidio era stato disattivato alle 9:12 stando a quel che fecero sapere gli inquirenti a settembre 2007, come faceva la cugina della vittima “solo 4 giorni dopo a sapere che il delitto fu compiuto alle 9:30?”. La conversazione tra i due prosegue così: “Chiara com’era?” domanda Stefania riferendosi al ritrovamento del corpo da parte di Stasi. “A pancia in giù sulle scale, proprio un flash, son scappato via. Lei era girata e ho visto un pezzetto bianco… sulla faccia… Ho chiamato il 118 e intanto sono andato dai carabinieri” replica Alberto. Al rientro dal filmato Vittorio Romano commenta: “Il volto era coperto di sangue e dai capelli, quindi sin dal primo grado di giudizio questo elemento ha destato sospetto. Non era abbastanza per far condannare Stasi perché poteva essere un momento di suggestione. Certo fa impressione che lui dicesse che il volto di Chiara era bianco, può essersi suggestionato” chiosa l’inviato di Federica Sciarelli.

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