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“Ho la neurofibromatosi di tipo 1. Non mi hanno servito al bar per il mio viso. Tutti mi fissavano come se avessero visto un fantasma”: lo sfogo di Amit Ghose

Amit è nato con la neurofibromatosi di tipo 1, una malattia genetica che causa la formazione di tumori benigni lungo i nervi, deformando il suo volto

di F. Q.
“Ho la neurofibromatosi di tipo 1. Non mi hanno servito al bar per il mio viso. Tutti mi fissavano come se avessero visto un fantasma”: lo sfogo di Amit Ghose

Amit Ghose, 35 anni, è nato con la neurofibromatosi di tipo 1, una malattia genetica che causa la formazione di tumori benigni lungo i nervi, deformando il suo volto. Nonostante anni di lotta personale e un lungo e tortuoso percorso di accettazione, Amit ha raccontato alla BBC di essere ancora oggi vittima di emarginazione. “Tutti mi fissavano, era come se avessero quasi visto un fantasma. La persona che serviva mi ha guardato dicendo che il servizio era finito ed è andata via ma era chiaro che stavano ancora servendo”, ha raccontato.

Amit ha subito bullismo sin da piccolo. A 11 anni ha perso l’occhio sinistro e ha dovuto portare una benda per sei mesi. Ricorda l’episodio più crudele con chiarezza: “Con l’avvicinarsi di Halloween, un bambino mi ha detto: Non hai bisogno di una maschera di Halloween, ne hai una per tutta la vita”. Dopo anni di isolamento, ha trovato nello sport un rifugio. “Ero vittima di bullismo, nessuno voleva parlarmi o sedersi accanto a me. Sono passato dall’essere il ragazzo con la faccia buffa al ragazzo che gioca a cricket”, ha spiegato.

Oggi Amit ha lasciato il lavoro di avvocato per dedicarsi completamente alla sensibilizzazione. Va nelle scuole per raccontare la sua storia e aiutare bambini e ragazzi a riconoscere e accettare la propria unicità. “Dico agli studenti di stare attenti a ciò che dicono agli altri, perché quello che per loro potrebbe essere uno scherzo è stato per me una cicatrice per tutta la vita”, ha detto. E ancora: “Voglio solo trasmettere alle persone questa storia: se celebriamo davvero chi siamo, accettiamo chi siamo, ci innamoriamo di chi siamo, allora possiamo essere più sicuri di noi stessi”.

Proprio uno degli ultimi episodi di discriminazione lo ha spinto a scrivere e pubblicare un libro per bambini, Born Different. Lo ha raccontato così: “Un paio di persone si sono avvicinate a me in un parco e mi hanno chiesto cosa fosse successo alla mia faccia, e ho pensato che fossero solo curiosi. Ma in realtà hanno cominciato a ridere, a ridacchiare, dicendo: ‘Oh mio Dio, se avessi una faccia come la tua non uscirei nemmeno di casa’”. Quel giorno ha capito che doveva fare qualcosa. “Se avessi avuto questo libro quando ero bambino, penso che mi sarebbe stato utile”, ha detto. E aggiunge: “Anche il fatto di indicare e dare colpetti all’amico seduto accanto a lui dicendo ‘hai visto la faccia di quel tizio?’, è una cosa costante. Ma esiste anche la gentilezza, e questa va sottolineata”.

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