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Ilva, dopo l’incendio raddoppia la cassa integrazione usata. “Autonomia finanziaria al lumicino”

Taranto avrà 3.538 operai in Cigs, Genova 178, Novi 163 e Racconigi 45. L'azienda ha fatto sapere che non sono ancora arrivati i 100 milioni previsti dal governo nel prestito ponte
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Il doppio degli attuali cassintegrati, circa un migliaio in più rispetto al massimo previsto dall’accordo di marzo. Con la produzione dimezzata dopo l’incidente di mercoledì 7 maggio e lo stop all’altoforno 1 imposto dalla procura di Taranto, Acciaierie d’Italia corre ai ripari e amplia l’uso della Cigs per gli operai dell’Ilva mentre si è ormai aperto lo scontro tra governo e magistratura sulla sopravvivenza dell’impianto. La decisione, come ha spiegato l’azienda nel corso dell’incontro con i sindacati, è dettata anche da un’autonomia finanziaria dell’amministrazione straordinaria “ridotta al lumicino”.

Mercoledì – al massimo giovedì – Acciaierie d’Italia presenterà l’istanza al ministero del Lavoro per numeri della cassa integrazione che siano “coerenti con l’attuale fase”, è stato riferito da fonti che hanno partecipato all’incontro. A Taranto la richiesta sarà di attivarla per 3.538 persone, altre 178 saranno interessate a Genova, a Novi 163 e a Racconigi 45. A conti fatti, si tratta di un raddoppio secco rispetto ai circa 2mila dipendenti per i quali viene usata la cassa in questo momento e, come anticipato da Ilfattoquotidiano.it lunedì, un migliaio in più del massimo autorizzato dall’accordo del 4 marzo.

“Se non cambia nulla in senso positivo rispetto ai tempi del riavvio dell’Afo 1 – è stato spiegato ancora – sarà necessaria una cassa integrazione più ampia”. I dirigenti dell’azienda – all’incontro ha partecipato anche il direttore generale Maurizio Saitta, indagato per l’incidente che ha fatto precipitare la situazione – hanno spiegato che “non sono arrivati i 100 milioni previsti dal decreto del governo”, fondi che fanno parte del prestito ponte garantito quando il governo ha deciso di allontanare ArcelorMittal dalla gestione del siderurgico tarantino.

“Siamo indisponibili a discutere di incremento della Cigs, il governo assuma la gestione del gruppo e avvii da subito l’elettrificazione e la decarbonizzazione della produzione. Lo Stato dimostri di credere nella strategicità di Ilva e intervenga in prima persona”, è la richiesta della Uilm attraverso il componente della segreteria nazionale Guglielmo Gambardella che segue il settore dell’acciaio. La Fiom-Cgil “non accetterà percorsi di cassa integrazione senza alcuna chiarezza sulle prospettive future” perché “non può essere che i lavoratori ancora una volta paghino le conseguenze dell’incapacità di far partire la decarbonizzazione degli impianti”, ha detto Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia. E il segretario generale Michele De Palma ha sottolineato: “Siamo sull’orlo del baratro”.

La vicenda, secondo il ministro delle Imprese Adolfo Urso, rischia di avere un effetto anche sulla trattativa con gli azeri di Baku Steel, acquirenti designati. Anche se, come spiegato da Il Fatto Quotidiano, il negoziato era in stallo già prima dell’incidente: “Come nel caso Sanac, bisogna chiudere una trattativa portata avanti con una strategia sbagliata, che ha messo Baku Steel in condizioni di avere il coltello dalla parte del manico. Come sbagliato è stato dettare tempi troppo stretti per il bando destinato all’acquisto, prima da perfezionare entro il 2024, ora slittato a giugno”, affermano Francesco Rizzo e Sasha Colautti dell’esecutivo Nazionale Usb che chiedono uno “scatto di orgoglio” del governo per “evitare che il peso di tutta la vertenza venga scaricato sui lavoratori”.

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