Modifica dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige: dovrebbero fare scandalo le disuguaglianze

di Franco
È uno dei momenti più tristi della nostra storia perché, con la promulgazione della “autonomia differenziata” e il parere favorevole del Consiglio provinciale di Trento sul ddl costituzionale per la modifica dello Statuto di Autonomia Speciale del Trentino-Alto Adige, già approvato dal Consiglio dei Ministri, è iniziata la frammentazione della patria in tanti staterelli. Questi saranno in perenne conflitto con il potere centrale nella distribuzione delle risorse, si duplicheranno le normative, si creeranno ostacoli alla leale concorrenza su tutto il territorio nazionale; in breve si sono formate nuove “barriere doganali” all’interno della penisola. Saranno gloria e voti per i presidenti di provincia che riusciranno ad assegnare ad aziende locali il lavoro e convogliare risorse sul proprio territorio.
La modifica dello Statuto di autonomia cancella per la Corte Costituzionale la possibilità di controllare che leggi emanate dalla pubblica amministrazione di Trento e Bolzano siano in linea con i principi economico-sociali nazionali. E’ stata cancellata parte dell’articolo 4 dello Statuto, in cui veniva chiesto che le leggi fossero in armonia con “…le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
Inoltre le competenze non sono più primarie, ma esclusive. Si aggiungono pure nuove competenze. Tutto questo comporterà un’ulteriore violazione del diritto ad una concorrenza leale, già ora ampiamento compromesso dall’uso distorsivo della leva fiscale e dai contributi elargiti sia per attirare aziende di capitali, sedi legali, ecc., sia per creare barriere per impedire che aziende fuori regione possano lavorare sul territorio. Con ironia il costituzionalista Palermo descrive così la finalità della modifica dello Statuto: “È come dire che non ti piacciono le sentenze penali e quindi invece del giudice decide un organo politico”.
La regione del benessere, reddito e Pil pro capite più alto d’Italia ha deciso così di proteggersi “dal lamento del povero, dall’affanno dei mortali” per gli anni a venire. Ma non dovrebbero suscitare scandalo nelle coscienze le disuguaglianze esistenti fra provincia e provincia, regione e regione, tra regione a statuto ordinario e speciale, le risorse allocate non secondo le necessità del territorio? Perché le Pa di Trento e Bolzano, pur essendo storicamente assistite, si sentono virtuose, reali e uniche partecipi del loro benessere, con un’incessante pulsione a pretendere sempre di più? Perché la Pa di Bolzano può erogare €200 netti al mese in una unica soluzione per le pensioni al minimo per 17.000 pensionati, con l’obiettivo di portare la pensione minima a € 1000 netti? Perché la pensione minima nelle altre province italiane è di €600/mese, dopo accese discussioni in parlamento per aumentarla di pochi euro? Perché l’aumento concesso ai dipendenti pubblici in Italia è del 6%, mentre in Pa di Bolzano si discute e ormai è certo che le retribuzioni saliranno del 15%? Perché la Pa di Trento ha cancellato l’Irpef provinciale sui redditi attorno ai € 30.000 e così via?
La parola “autonomia” rimanda il pensiero a qualcosa di bello ed efficiente e meno vincolato dalla burocrazia: tutto sembra bello, perfetto. Purtroppo la scelta di gestire le decisioni al livello più basso, molto bella sulla carta e disastrosa nella sua applicazione perché soggetta ai condizionamenti locali, diventa principio di corruttibilità morale se non proprio penale. Richiede amministratori responsabili e competenti (J. Buchnan).