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Condannato a 18 anni e 8 mesi il 17enne che uccise Santo Romano per avergli sporcato le scarpe

Inizialmente la pubblica accusa aveva richiesto 17 anni di carcere per il minorenne omicida. La madre della vittima: "La giustizia ha fallito di nuovo, è uno schifo"
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Una condanna, ma che indigna i parenti della vittima. Si è chiuso così il processo di primo grado al 17enne reo confesso accusato di aver ucciso a colpi di pistola, nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2024, Santo Romano, a San Sebastiano al Vesuvio per una scarpa sporca. La pena è stata stabilita in 18 anni e 8 mesi dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale per i Minorenni di Napoli. Il processo, dove il 17enne è unico imputato, si è celebrato con rito abbreviato, che prevede lo scontro di un terzo della pena, concludendosi con una pena leggermente più elevata rispetto a quella di 17 anni inizialmente richiesta dalla pubblica accusa rappresentata dal pm Ettore La Ragione. Il codice di procedura non prevede l’ergastolo per chi ha commesso un reato da minorenne.

Parenti e amici indignati per il verdetto sentenza hanno urlato “Fate schifo”. Poco prima di entrare in Tribunale, accompagnata dal grido di “Giustizia!” e da numerosi striscioni e foto in ricordo del figlio, la madre di Santo, Filomena de Mare, si era augurata “una pena giusta, una pena severa ma soprattutto una pena da scontare davvero”. “Non possiamo fare le tarantelle o i Pulcinella – aveva aggiunto -, condannare a 15 o 20 anni e poi in appello si scala, poi in Cassazione si scala e poi diamo il premio e poi ancora un altro. E alla fine una pena così grande si riduce a 5 anni. No, se un giudice condanna a quindici anni che siano scontati tutti e quindici”.

Dopo la lettura della sentenza la madre ha espresso tutta la sua amarezza: “La giustizia ha fallito di nuovo, è uno schifo. La giustizia fallisce, perciò i minori continuano a delinquere e ad ammazzare”. Anche Simona, la fidanzata di Santo, appena fuori il Tribunale dei Minorenni in viale Colle Aminei, ha lanciato un appello accorato: “Vogliamo il sostegno anche di chi non ha perso un proprio caro, perché questa è una battaglia che non dobbiamo combattere soltanto noi. Se lasciamo fuori individui del genere e non consentiamo a queste persone di scontare una pena severa, che gli permetta di capire la gravità del reato e dello sbaglio che ha commesso, il danno che ha arrecato a tutti noi, purtroppo non ci sarà mai un cambiamento”. Simona si è detta “consapevole” del fatto che la sentenza, per sconto pena, “non poteva essere molto alta, ma – ha aggiunto – mi aspettavo che gli dessero il massimo previsto”. Intanto, assicura Simona, “non abbandoniamo la nostra battaglia, continueremo a portarla avanti con ancora più forza”.

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