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C’è una ‘Generazione Cairo’ che ancora resiste alla repressione di al-Sisi

No, l’Egitto rivoluzionario delle campagne, dei piccoli luoghi così come dell’epicentro di piazza Tahrir (oggi resa intenzionalmente irriconoscibile) non è stato ancora sconfitto
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I due anni e mezzo dell’attivismo per “pane, libertà e giustizia sociale”, che dal gennaio 2011 al giugno 2013 hanno segnato la storia dell’Egitto contemporaneo, sono raccontati con testi approfonditi e appassionati in Generazione Cairo, un libro curato da Marta Bellingreri e Costanza Spocci, appena pubblicato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

Di quei due anni e mezzo tra le dimissioni di Hosni Mubarak e il colpo di Stato di Abdelfattah al-Sisi sono descritte non solo le premesse, che tornando indietro negli anni mostrano l’intersezionalità della lotta per i diritti che coinvolge donne, lavoratori e lavoratrici, sindacati indipendenti, l’attivismo per i diritti, contadine e contadini e, naturalmente, la militanza politica; ma anche ciò che resiste.

Ciò che resiste, non ciò che resta. L’autoritarismo di al-Sisi, le stragi di civili, le leggi liberticide potrebbero giustificare la seconda espressione.

Ma non solo qualcosa è restato: qualcosa resiste, nel lavoro del portale indipendente Mada Masr, ad esempio, diretto indomitamente da Lina Attalah; nei rapporti e nelle denunce delle organizzazioni locali per i diritti umani; nelle proteste contadine e in quelle nelle fabbriche; nella disperata opposizione agli sfratti forzati a fini di speculazione edilizia.

È come se da dentro una cella uscisse forte il grido “Non siete stati ancora sconfitti”, che è il titolo più volte citato in Generazione Cairo del libro pubblicato in Italia da Hopefulmonster di Alaa Abd el-Fattah, il più noto tra le decine di migliaia di prigionieri e prigioniere di coscienza egiziani, che da noi è stato chiamato “il Gramsci d’Egitto” ma che potrebbe essere anche “il Mandela d’Egitto”. Per questo non lo scarcerano. Almeno, non ancora.

No, l’Egitto rivoluzionario delle campagne, dei piccoli luoghi così come dell’epicentro di piazza Tahrir (oggi resa intenzionalmente irriconoscibile) non è stato ancora sconfitto. Così come la Generazione Cairo.

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