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Effetto dazi, crollano le quotazioni di gas e petrolio. In prospettiva benzina e bollette meno care

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Tra gli effetti collaterali dei dazi statunitensi c’è anche il crollo delle quotazioni dei combustibili fossili. Il timore che le misure protezionistiche inneschino una recessione generalizzata, o quanto meno un deciso rallentamento della crescita economica, influenza anche petrolio e gas. Meno crescita significa meno consumi e quindi meno domanda di barili e navi cariche di gnl. Il Brent, petrolio estratto nel mare de Nord che funge da riferimento per gli scambi europei, viene ora scambiato a 64,2 dollari al barile. Solo 5 giorni fa il suo valore era di 75 dollari, un calo di oltre il 10%.

Stessa dinamica per il Wti statunitense, un barile costa 60,6 dollari, dagli oltre 70 della scorsa settimana. Quanto al gas, sul mercato di Amsterdam, l’hub degli scambi europei, un megawattora è arrivato ad essere quotato meno di 35 euro, salvo poi chiudere sopra i 36 euro. Sono comunque i valori più bassi da oltre 6 mesi e circa 7 euro in meno di pochi giorni fa.

Come detto i valori scendono per una probabile frenata dell’economia ma, indubbiamente, questo può portare anche qualche vantaggio alle persone. Se protratti per un tempo sufficientemente lungo, questi cali avranno un effetto sui costi dell’energia, dalle bollette di gas ed elettricità, al prezzo di benzina e gasolio. Indirettamente, questo è un fattore frenante per l’inflazione, di cui molti economisti temono una recrudescenza per effetto delle barriere commerciali. In prospettiva, un aiuto alle banche centrali che volessero intervenire per sostenere l’economia, riducendo il costo del denaro. A piazza Affari, i titoli di fornitori di energia come A2a o Hera sono in calo di oltre 6%, sulle prospettive di una riduzione degli incassi.

Il petrolio russo Urals, inoltre, che viene venduto a sconto sui mercati per effetto delle complicazioni al commercio legate alle sanzioni, è sceso a 50 dollari al barile. Ciò riduce gli incassi per il Cremlino e la disponibilità di risorse per continuare a finanziare la guerra in Ucraina. Infine, il presidente statunitense più anti ambientalista della storia rischia di raggiungere il miglior risultato per il contrasto alla crisi climatica, la riduzione delle emissioni globali di Co2 che inevitabilmente seguirebbero una frenata dell’economia e un minor utilizzo di fonti fossili.

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