Un paradiso, Piriapolis: sole e mare sulla costa uruguayana. Un paradiso a colori: e se ci nasci nel giorno di San Valentino pare quasi un segnale. Colori e amore, seppur in maniera non convenzionale: come colore sceglie il nero Ladislao Mazurkiewicz, l’amore invece è per la palla, sì, ma non da dieci funambolo sudamericano, ma per prenderla agli avversari, toglierla dalla porta. Già, Ladislao “Mazurka” Mazurkiewicz era un portiere: per molti, tra cui O’Rey Pelè, il migliore della storia. Papà polacco, come evidente dal cognome: Ladislao viene alle luce 80 anni fa, il 14 febbraio del 1945, la famiglia era andata via dalla Polonia già da qualche anno, intuendo ciò che sarebbe successo di lì a poco nel cuore dell’Europa. Non gioca a calcio da bimbo: gli piace il basket, e fino a 13 anni si cimenta in quello sport, sebbene di statura sia piccolino. Poi l’allenatore del Racing di Montevideo ne intuisce il potenziale, e solo a 13 anni comincia a giocare a calcio. Sempre coraggioso “Mazurka”: se il basket era uno sport in cui serviva qualche centimetro in più nel calcio sceglie l’unico ruolo in cui l’altezza diventa un requisito quasi fondamentale, il portiere. Scelta un po’ casuale, per la verità: la prima volta che arriva al campo manca un portiere, un po’ perché è l’ultimo arrivato, un po’ perché non è il tipo da tirarsi indietro, quel ragazzino mingherlino e un po’ basso si cimenta tra i pali. E così si guadagna il primo soprannome della sua carriera di calciatore: “El Chiquito”. Non che sia piccolissimo: un metro e ottanta, ma si sa, quando i soprannomi sono stati dati c’è poco da fare.

È semplicemente fortissimo, e lo dimostra subito: a 19 anni lo prende il Penarol per farlo crescere alle spalle di Maidana. Nel 1965 in Libertadores agli uruguayani tocca il Santos di Pelè: in porta, nello spareggio, viene scelto proprio quel ragazzo di 20 anni, che parò praticamente tutto, anche l’impossibile, garantendo il passaggio in finale ai suoi. Pelè raccontò che il suo compagno Zito alla fine di quella gara gli dirà: “Vedi quel ragazzino? Diventerà il più grande del mondo”. Il Penarol in finale perderà contro l’Independiente, ma per Mazurkiewicz comincerà una splendida carriera, sempre con la sua divisa rigorosamente nera, come Lev Yashin: colori che lo rendevano meno visibile agli attaccanti avversari, sosteneva. In realtà più che il mimetismo a distinguere Mazurkiewicz erano agilità e coraggio: arrivava ovunque coi suoi balzi ed era superlativo nelle uscite alte o basse a sradicare palloni incredibili agli avversari. Da “El Chiquito” diventa “El arqueri nero“. Nel 1966, dopo la sconfitta in finale dell’anno prima, il Penarol la vincerà la Libertadores, contro il River Plate, e nell’Intercontinentale affronterà il Real Madrid: andata e ritorno finiranno 2 a 0 per il Penarol, con Ladislao che concederà zero gol alle Merengues.

Titolarissimo anche in nazionale, Mazurkiewiz è in porta nella partita d’esordio dei mondiali del 1966, in Inghilterra, contro i padroni di casa: prima della gara incontrerà anche la Regina Elisabetta, cui dirà: “Signora, sembra uscita da un quadro, ma oggi vinceremo noi”. Non vincerà l’Uruguay, la gara finirà zero a zero però, con il portiere uruguayano che ammutolì Wembley parando praticamente tutto, anche l’impossibile come un tiro di Charlton che stava facendo già esultare gli inglesi, e la Celeste terminerà ai quarti quell’esperienza: Ladislao 21enne sarà eletto terzo miglior portiere del torneo, dietro Yashin e Banks. Porterà l’Uruguay a vincere il Campeonato Sudamericano, l’odierna Copa America, l’anno dopo, ovviamente con la difesa meno battuta di tutto il torneo. Nel 1970 non ci sarà portiere migliore di lui ai mondiali: iconico un altro duello con Pelè, con la popolare uscita a valanga con O’Rey che lo aggira per poi mandare di un soffio a lato quello che diversamente sarebbe stato uno dei gol più belli della storia. Diventeranno grandi amici “Mazurka” e Pelè. Ladislao lascerà il Penarol per andare in Brasile, all’Atletico Mineiro, e solo nel 1974 tenterà l’avventura europea, al Granada: non certo uno squadrone, che però per due anni, grazie alle sue parate, riuscirà a salvarsi. Dopo esperienze in Colombia e Cile tornerà al Penarol, dove ormai 36enne riesce a vincere il titolo per poi ritirarsi. Diventerà allenatore dei portieri: è scomparso nel 2013 a 67 anni per problemi respiratori. Poco conosciuto per via di una carriera condotta lontano dall’Europa, ritenuto da molti il più grande portiere sudamericano di sempre, sempre attento, coraggioso, efficace. “Quando gli facevi gol significava che te l’eri guadagnato davvero”: parola del “Flaco” Menotti.

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