Nuovi rialzi per i rendimenti dei titoli di Stato (Btp a 10 anni a 3,83%, + 6 punti base) e nuove sofferenze per la Gran Bretagna, in questa fase il mercato più esposto alle turbolenze. I rendimenti dei bond inglesi sono ai massimi, mentre la sterlina continua a perdere terreno sul dollaro, con un’insolita concomitanza delle due tendenze. Un decennale britannico paga il 4,88% (5,4% il trentennale), oltre un punto percentuale in più di un anno fa. La sterlina arretra dello 0,66% sul dollaro, riportandosi su valori che non si vedevano dall’ottobre del 2023.

Sulla valuta inglese c’è stato un “aumento del 300% delle richieste di negoziazione perché gli hedge fund (fondi speculativi, ndr) scommettono su un ulteriore calo“, spiega all’agenzia Bloomberg, Mimi Rushton, responsabile globale valutaria della banca inglese Barclays. Non stiamo assistendo ad una crisi finanziaria di Londra ma questa eventualità non può più essere esclusa. Il problema di fondo, e di lungo termine, è che l’Inghilterra non è ancora riuscita ad riformulare il suo modello economica in ottica post Brexit. Più nell’immediato i piani del governo di Keir Starmer rischiano di mettere sotto forte pressione le finanze pubbliche anglosassoni.

Il premier britannico si è detto oggi “completamente fiducioso nella missione” del suo governo per rilanciare la crescita dell’economia, nonostante i segnali negativi di questi giorni legati. Incalzato dai giornalisti su questo tema ha inoltre rinnovato la propria fiducia nell’intero team di governo e in particolare nella cancelliera dello Scacchiere (l’equivalente del nostro ministro dell’Economia, ndr), Rachel Reeves.

“Rachel Reeves sta facendo un lavoro fantastico e ha la mia piena fiducia come quella dell’intero partito”, ha tagliato corto Starmer. Sebbene ci siano differenze, sul Regno aleggia il recente ricordo di quanto accaduto all’effimero governo di Liz Truss, caduto nel giro di poche settimane anche a causa delle pressioni dei mercati. Londra, in questo momento, è semplicemente più esposta a quanto avviene sui mercati internazionali rispetto ad altri paesi

. E quel che accade dipende soprattutto dagli Stati Uniti dove le politiche annunciate da Trump potrebbero provocare un rialzo dell’inflazione. Considerando anche i buoni dati giunti dal mercato del lavoro americano, è possibile che questo porti la Federal Reserve a frenare su ulteriori cali dei tassi o, addirittura, invertire la rotta. A cascata, nel resto del mondo, rendendo i costi di finanziamento sui mercati più onerosi anche per gli stati che hanno in mente interventi di sostegno all’economia.

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