Con Natalina Orlandi avevano programmato di sposarsi per settembre-ottobre, poi la scomparsa di Emanuela a giugno ha scombussolato tutti i piani ma soprattutto “ha stravolto la nostra esistenza”. A parlare davanti alla commissione bicamerale d’inchiesta è Andrea Mario Ferraris, all’epoca fidanzato e oggi marito della sorella di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana misteriosamente scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983.
La ricostruzione di quei giorni
“Io posso solo dare a voi un immagine, che è quello dello strazio della mamma di Emanuela, che in quei giorni urlava e chiamava la figlia”, ha continuato Ferraris. “Prendemmo delle informazioni sull’avvocato Gennaro Egidio, io e Mario Meneguzzi (lo zio di Emanuela, ndr) non pensavamo che fosse una persona utile a fare gli interessi della famiglia Orlandi, perché spinto dai Carabinieri ma Ercole (il papà di Emanuela, ndr) aveva i suoi convincimenti, confidava nelle istituzioni, piano piano lui è cambiato, quella crosta ruvida di un padre che doveva assumere le sue decisioni alla vecchia maniera, alla fin fine si è aperto al dialogo e ha capito che si era fidato troppo e quel fidarsi non aveva sortito effetto, quando è venuto poi a sapere che l’altra figlia del commesso era stata pedinata, quella della famiglia Gugel, allora ha capito”.
Raffaella Gugel
Il riferimento è a Raffaella Gugel, figlia di Angelo, anche lui dipendente del Vaticano come il padre di Emanuela Orlandi. Il 24 luglio del 1984, la Gugel riferì ai carabinieri che pochi giorni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II, era stata pedinata lungo il tragitto che faceva da casa a scuola. “Ci siamo sentiti quasi strumentalizzati come famiglia, questo sì, profondamente – ha aggiunto ieri Ferraris -, perché in un caso di rapimento, le prove me le devi dare mentre, abbiamo avuto questo sentore di strumentalizzazione. Indagine bulgara, tratta delle bianche o Banda della Magliana, ognuno è stato come un portatore insano, era un intromettersi ognuno per propri interessi che non erano quelli della famiglia Orlandi”.
Le telefonate dei presunti rapitori
Sulle telefonate ricevute in quei giorni dai presunti rapitori il cognato di Emanuela Orlandi ha detto: “Sembrava che mandassero messaggi a chi non so perché a noi che chiedevamo Emanuela non è mai stato detto niente, erano come telefonate con messaggi indiretti o non diretti a noi. Sentivi che dovevano lasciare come dei segnali, questi nomi, Pierluigi, i rumori di sottofondo… come se la cosa avesse un senso ma non per noi, tanto che Mario Meneguzzi (che faceva le veci del padre troppo provato per trattare con i telefonisti anonimi, ndr) diceva nelle telefonate: fammi sapere di Emanuela”. Sul movente del sequestro e delle telefonate pervenute in quegli anni Ferraris ha detto: “Non credo che (chi telefonava alla famiglia, ndr) avesse in mano Emanuela e non è stato mai posto un ricatto nei confronti di Ercole: ti ricatto perché devi dire questo al Papa, ti ricatto perché mi devi dare tot lire, ti ricatto perché mi devi fare questo favore…alla famiglia non è stato fatto mai nessun genere di ricatto. È stato detto state tranquilli, stiamo lavorando per voi, la bambina sta bene, ma tutto generico. Poi sono arrivati i ritrovamenti presso cestini o in via della Dataria”, ha aggiunto in merito al ritrovamento di alcuni oggetti di Emanuela e della cassetta “delle torture” su cui sono stati incisi dei lamenti che sono stati all’epoca attribuiti dagli inquirenti alla cittadina vaticana scomparsa.
Il vigile che vide Emanuela
Ferraris ha poi tirato in ballo la nota testimonianza di Alfredo Sambuco, il vigile urbano in servizio davanti al Senato quel giorno che disse di aver visto Emanuela Orlandi prima che entrasse in aula, nella scuola di musica “Da Victoria” che era alle spalle di Palazzo Madama, nella Basilica di Sant’Apollinare. L’uomo disse di averla vista parlare quel giorno con un individuo sui 35 e ne tracciò anche l’identikit. “Era determinato, convinto e rammaricato del fatto che non aveva preso il numero di targa dell’auto, parlava della serie, ho visto tutto”, ha detto Ferraris. “ Da parte del vigile – ha detto – è stato proprio un rammarico, si ricordava tutto, la tipologia della macchina, una Bmw di colore verde, da lì sono stati fatti identikit, riconobbe anche l’astuccio e lo zainetto di Emanuela”. Il vigile all’epoca dichiarò di aver assistito alla scena dell’approccio ad Emanuela da parte di colui che fu poi indicato come “l’uomo dell’Avon” che le propose di distribuire volantini ad una sfilata delle sorelle Fontana, probabilmente per catturare la sua attenzione e mettere in atto il sequestro. Fu la stessa Emanuela a parlarne, poco prima di sparire del nulla, alla sorella Federica a cui telefonò dall’ apparecchio all’interno della scuola di musica. “Sì, aveva assistito a questa scena – ha confermato Ferraris-, al primo colloquio non a quello successivo. Poi successivamente abbiamo avuto la telefonata di Emanuela (alla sorella Federica, ndr), in cui disse che avrebbe dovuto vedere questa persona dopo le 17. Poi c’è da tenere presente che dopo il vigile smontava questa versione. La scena dell’approccio da parte del presunto uomo dell’Avon è stata descritta anche da un poliziotto (Bruno Bosco, ndr) come ha ricordato il deputato Dario Iaia. “Aveva notato anche lui la scena – ha spiegato il marito di Natalina – ma era meno preciso tant’è che dal vigile urbano siamo andati più volte, lui aveva proprio la tipologia della macchina”.
Le prime ricerche
Nei giorni della scomparsa, le ricerche dei familiari si concentrarono “nell’area del centro, a Sant’Apollinare, nel tragitto che doveva fare per casa e nelle zone limitrofe”, ha ricostruito Ferraris che di contro non ha confermato il fatto che le ricerche nell’immediatezza avvennero anche a Ostia. “No, non confermo questa circostanza – ha sottolineato replicando alla domanda di una commissaria -. La zona di Ostia è stata valutata perché nei primi momenti, quando avvengono questi episodi – e vi riporto a 40 anni fa – si attingono informazioni presso cartomanti. Alcune cartomanti sensitive dicevano che Emanuela probabilmente si trovava in quel di Ostia perché vedevano una situazione di mare, ma questo avvenne 15-20 giorni dopo la scomparsa e non nell’immediatezza”.