Cinema

Il maestro che promise il mare, la guerra civile spagnola nello sguardo etico della regista Patricia Font regala emozioni profonde

di Davide Turrini

Se c’è una memoria storica ancora a forma di strettoia, dalla pacificazione perennemente insoluta, è quella della guerra civile spagnola. A recuperare un brandello di quella brutalità atavica ed ideologica ci ha pensato la regista spagnola Patricia Font con Il maestro che promise il mare. Nel 1935 nel paesino di Banuelos de Bureba nella provincia settentrionale di Burgos, il giovane maestro catalano Antonio Benaiges (Enric Auquer) assume l’incarico d’insegnamento per una piccola classe di bimbi dai 6 ai 12 anni. Tra loro c’è la figlia del sindaco, il figlio di un contadino cocciuto, un bimbetto sbandato. Benaiges insegna l’abc e la matematica, ma soprattutto sa far sviluppare in loro la libera espressione (il metodo pedagogico si chiama Freinet) facendogli stampare quadernetti coi loro pensierini e invitandoli a pensare come sarebbe bello vedere il mare.

Solo che Benaiges è “un rosso”, un attivista antifascista che scrive articoli politici, fuma la pipa, girella con una camicia rossa in paese. La sua gioviale, anticonformista permanenza a Banuelos durerà il tempo dell’arrivo dei sanguinari falangisti franchisti armati. Capiamoci, Il maestro che promise il mare non è affatto il tipico “Keating movie” sull’emancipazione dei singoli a scuola dovuta al mentore sui generis. Semmai è un film concettualmente semplice, senza fronzoli formali, perennemente in bilico sul tragico destino suggerito, paventato, improcrastinabile che attende Benaiges.

Immerso in una tonalità livida grigio blu, sviluppato su due piani temporali – quello dell’oggi con la giovane Arianna (Laia Costa) alla ricerca dei resti del bisnonno in una fossa comune del Nord della Spagna e, appunto, l’esperienza di Benaiges a Banuelos con i bambini tra il ’35 e il ’36 (la parte di Benaiges è migliore) -, Il maestro che promise il mare ha dalla sua la forza solare, concreta, vagamente folle, del protagonista e un ritmo apparentemente sommesso che nello scorrere dei minuti acquisisce tensione. Così il film della Font distribuisce emozioni profonde a piccole dosi, fino ad una conclusione incredibilmente tosta, tragica, asciutta e antispettacolare da lezione di etica sullo sguardo di regia. Sul tema delle fossi comuni dei prigionieri politici antifranchisti se n’è occupato in parte anche Pedro Almodovar con Madri parallele. Ovviamente la vicenda di Benaiges è reale ed è stata raccontata nel libro El mestre que va prometre el mar scritto da Francesc Escribano. Nelle sale italiane dal 19 settembre grazie a Officine UBU.

Il maestro che promise il mare, la guerra civile spagnola nello sguardo etico della regista Patricia Font regala emozioni profonde
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Precedente
Precedente
Successivo
Successivo

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione