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“Fu bruciato vivo per inscenare un suicidio”: arrestati l’ex moglie e il suo compagno

“Fu bruciato vivo per inscenare un suicidio”: arrestati l’ex moglie e il suo compagno
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È un omicidio che doveva passare per suicidio quello di Domenicantonio Vellega, il 48enne dato alle fiamme nella sua auto la notte del 3 marzo 2022, in una zona isolata di Acerra, in provincia di Napoli. A distanza di quasi due anni dalla sua morte, i carabinieri, coordinati dalla procura di Nola, hanno arrestato la ex moglie della vittima e il suo compagnoMaddalena Masi e Francesco Miranda, di 39 e 51 anni – a cui viene contestato l’omicidio aggravato.

Per gli inquirenti l’uomo sarebbe stato ridotto in fin di vita nell’abitazione della coppia, a Marigliano, e poi trasportato ad Acerra dove, in via Torricelli, a bordo della sua auto, una Fiat 600, che poi venne data alle fiamme con dentro Vellega, stordito ma ancora in vita. Tutti e tre, vittima compresa, sono noti alle forze dell’ordine per reati minori. Sul movente non ci sono certezze anche se appare verosimile che l’omicidio sia scaturito da motivi familiari.

Gli inquirenti, inizialmente, avevano ritenuto plausibile l’ipotesi del suicidio poi accantonata sulla base di alcuni indizi: in primis i tentativi di sviare le indagini con informazioni addomesticate. A suscitare dubbi è stato il ritrovamento di una pistola che durante la prima perquisizione a casa della vittima non c’era. Poi le posizioni dei sedili anteriori dell’auto in cui fu rinvenuto il cadavere, trovati entrambi reclinati. I militari dell’Arma non riuscivano a spiegarsi perché Vellega, prima di suicidarsi, li avesse abbassati entrambi.

Invece la vittima era stata tramortita e sistemata priva di sensi sul sedile del passeggero reclinato, trasportata ad Acerra e poi data alle fiamme, nell’auto, quando era ancora viva, dopo essere stata spostata sul sedile del lato guida. Poi c’era l’enigma della pistola, trovata solo in un secondo momento a casa del 48enne: la tesi è che qualcuno l’avesse sistemata in un borsello, poi trovato in cucina, per spingere gli investigatori a ritenere plausibile la pista dell’omicidio maturato in ambito criminale. A nasconderla però sarebbero stati gli indagati, scoperti tenendo sotto controllo le conversazioni della ex moglie della vittima.

A incastrare la coppia delle tracce di sangue e dei guanti in lattice blu trovati in un bidone dell’immondizia a casa della coppia. Alcuni testimoni riferirono di avere visto un uomo vestito con abiti scuri e guanti blu allontanarsi dal luogo dove venne trovata l’auto con il cadavere. Guanti dello stesso tipo sono stati ritrovati due giorni dopo l’avvistamento e il ritrovamento del corpo, nel bidone dell’immondizia, sul balcone dell’abitazione della ex moglie della vittima. Guanti, riferì una testimone, che Maddalena Masi usava per pulire il balcone.

Dichiarazioni pronunciate, per gli investigatori, solo per giustificare quel ritrovamento. Le condizioni igieniche in cui venne trovata la casa, infatti, erano a tal punto compromesse da impedire ai carabinieri l’uso del luminol. I militari dei Reparti Investigazioni Scientifiche, infine, hanno anche trovato macchie di sangue di Vellega nell’appartamento di Marigliano dove vivevano Masi e Miranda, e dove la vittima – è stato poi accertato – era stata presente fino a una ventina di minuti prima che la sua Fiat 600 prendesse fuoco nella vicina Acerra.

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