Musica

Sanremo 2024, Fiorella Mannoia: “Porto il mio manifesto sulle donne. Siamo migliori di come ci descrivono e di quelli che ci governano. Le critiche a Elodie? Siamo tornati bigotti”

L’artista torna in gara per la sesta volta con una canzone di cui firma in prima persona il testo insieme a Cheope e Carlo Di Francesco e che racchiude un messaggio per lei particolarmente importante

di Andrea Conti

A sette anni di distanza dalla partecipazione con “Che sia benedetta”, seconda classificata al Festival di Sanremo 2017, Fiorella Mannoia torna con una canzone-manifesto che celebra tutte le donne, “Mariposa”. Questa partecipazione arriva in prossimità di una ricorrenza molto speciale: ad aprile spegnerà 70 candeline ed è pronta a tornare sul palco, con tante sorprese e con un nuovo importante progetto live che la vedrà protagonista. Nella serata delle cover del Festival la Mannoia ha invitato Francesco Gabbani, che si inginocchiò davanti a lei quando vinse a Sanremo 2017. Insieme canteranno “Che sia benedetta” e “Occidentali’s Karma”.

Perché la scelta per il ritorno al Festival è caduta su “Mariposa”?
Mi sembrava una canzone forte. Lo vedo come manifesto in cui sottolineo l’orgoglio di essere donna e senza vittimismo, raccontandoci per quello che siamo e siamo state.

Com’è nato lo spunto per lo sviluppo del brano?
Durante la visione di un serie tv che si chiama ‘Il grido delle farfalle‘. Si racconta della vita dell’avvocato e attivista dominicana Minerva Mirabal e le sue due sorelle, trucidamente assassinate il 25 novembre nel 1960, per ordine del dittatore El Chivo. Da allora quella data è diventata nella Repubblica Dominicana, la giornata contro la violenza sulle donne.

Poi cosa è accaduto?
Mentre vedevamo queste immagini Carlo, mio marito, ha iniziato a buttare giù un sacco di frasi sul ‘come siamo’. Ho letto il testo e mi sembrava una bella intuizione. Così l’abbiamo fatta ascoltare a Cheope e Federica Abbate ed è nata la canzone.

Cosa ti aspetta dopo il Festival?
Ci sono tanti progetti in ballo ad iniziare dai due eventi di ‘Una Nessuna Centomila’ all’Arena di Verona il 4 e 5 maggio. Raccoglieremo non solo i fondi, ma sensibilizzeremo sul campo, andando poi anche nelle scuole, per cambiare questa mentalità retrograda che ancora attanaglia la nostra società, partendo dai giovani.

Cosa dovrebbe ancora cambiare?
Il fatto che siamo ancora vittime di stereotipi. La donna con la vocazione ad essere crocerossine mentre per gli uomini rimangono le difficoltà dell’accettazione dell’emancipazione. Oggi c’è più consapevolezza nella nostra emancipazione, ma dobbiamo farlo assieme agli uomini, camminando assieme.

E le donne di oggi come le vedi?
Purtroppo c’è ancora la credenza sbagliata che la gelosia sia amore. Molte donne, ancora oggi, si sentono gratificate dalla gelosia che, intendiamoci, è un sentimento umano ma diventa un problema quando diventa ossessione. Oggi le cose sono un po’ migliorate, ma sono retaggi che continuano ad esserci e che provengono dalle generazioni passati.

La strada per la libertà è ancora lunga?
La libertà è una conquista giornaliera. Libero non lo è nessuno di noi, a volte dobbiamo scendere a compromessi lungo il corso della vita.

Tu sei libera?
Mi sento libera di dire quello che penso, so che posso scontentare qualcuno e che posso non piacere a tutti. Ma ho sempre cercato di tenere la barra dritta.

Come mai se Elodie e Annalisa portano avanti il messaggio di libertà anche del corpo delle donne, sono così criticate sui social? Il movimento del ’68 è stato cancellato?
Eravamo certamente più liberi in quegli anni. A Woodstock lo abbiamo visto, le ragazze ballavano nude e non si facevano tante polemiche perché il movimento era talmente più forte di qualsiasi altra cosa, come uno tsunami. Oggi coi social siamo tornati indietro, ci siamo anche dimenticati che ci furono già polemiche contro Madonna, Beyoncé e all’improvviso siamo diventati bigotti. Io dico che non dovremmo più dare retta ai social perché non ne usciamo vivi. Sono d’accordo con quanto diceva Umberto Eco ossia che prima le stron**te le dicevano al bar, oggi le leggi su Internet. Non è la Rete che ha cambiato il popolo è che si è dato il microfono a chi ama e si diverte ad insultare la gente. Io ormai o blocco o silenzio, prima ci rimanevo male, oggi non me ne frega nulla.

Non c’è via di scampo?
Penso che siamo migliori di come ci descrivono. Siamo migliori di quelli che ci governano.

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