Taaaanti anni fa, ad una riunione di Libertà e Giustizia presieduta dal Senatore Alberto Maritati, allora Presidente della Commissione Giustizia del Senato, dissi che l’articolo 9 della Costituzione considera il paesaggio e non la natura. Così elaborammo una proposta di modifica costituzionale per mettere la natura nell’articolo 9. Ci volle un decennio perché se ne presentasse un’altra, molto simile, e finalmente la natura entrò nella Costituzione.

Il mondo cambia molto rapidamente. I robot ci hanno liberato dal lavoro manuale, e l’Intelligenza Artificiale ci sta liberando dal lavoro intellettuale; viene così da pensare all’attualità dell’articolo 1, che fonda la Repubblica sul lavoro. Il lavoro di chi? Il lavoro muscolare, prima, e intellettuale, poi, sono in corso di affidamento alle macchine. Qualcuno le dovrà progettare e costruire, ma si potrebbe delineare uno scenario alla “Terminator”, in cui le macchine si progetteranno e costruiranno da sole. Cosa resterebbe per gli umani? Le macchine scriveranno poesie e libri? Comporranno musica e la suoneranno? Faranno scoperte scientifiche indipendentemente dalla nostra intelligenza? Chi leggerà e ascolterà? Con quali soldi compreremo questi prodotti?

Da “abili al lavoro”, Homo habilis, siamo diventati Homo sapiens sapiens, due volte sapienti. L’articolo 1 è adatto a Homo habilis e si basa sul lavoro. Sapienza è la parola che ci caratterizza, e si basa sulla conoscenza, una parola assente dalla nostra Costituzione, dove ci sono “cultura e ricerca scientifica”. La cultura ci rende padroni delle conoscenze del passato, le scienze (incluse quelle umane) ne producono di nuove che saranno incorporate nella cultura, assieme alle arti. Le macchine dovrebbero liberarci da azioni ripetitive e poco creative, lasciandoci il tempo di vivere come suggerito da Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”: l’evoluzione da “bruti” a “sapienti”.

La democrazia, secondo il principio di uguaglianza, prevede che “uno vale uno”, parafrasando “una persona un voto”. Questa frase è equiparata, in mala fede, a “uno vale l’altro” tradendo lo spirito della democrazia rappresentativa. Il voto di tutti proclama gli “eletti” che prenderanno le decisioni: quanto di meglio il paese ha da offrire. Che succede, in democrazia, se la maggioranza degli elettori non ha sviluppato virtute e canoscenza, secondo l’esortazione dantesca, restando allo stato “bruto”? Le probabilità che un popolo di “bruti” elegga “bruti” sono alte. Fascismo e nazismo sono nati da libere elezioni. La conoscenza è l’unico antidoto all’abbruttimento democratico, e dovrebbe essere il cardine del nostro vivere civile. La conoscenza smaschera chi diffonde menzogne, mentre chi ne è privo si lascia convincere. La conoscenza dovrebbe vincere sull’ignoranza, anche se i “bruti” non cambiano a fronte di stringenti evidenze. Chi nega l’evoluzione, il cambiamento climatico, l’efficacia dei vaccini, fino alla rotondità del pianeta, non è facilmente convincibile. Una volta fatto, il danno è difficile da riparare: la scuola dovrebbe fornire i rudimenti della conoscenza a tutti i cittadini, assieme agli strumenti che dovrebbero permettere di incrementarla nell’arco della vita intera. Se le mie conoscenze si fossero fermate al 1976, anno della mia laurea, sarei totalmente inadeguato anche a parlare di biologia, materia in cui mi sono laureato.

L’inadeguatezza è persistente, visto che ogni giorno nuove conoscenze sono acquisite: sono in grado di consultare libri e riviste scientifiche per restare al passo, conscio che più tempo dedico a incrementare le conoscenze nel mio campo, meno ne ho per aggiornarmi in altri campi. Mi affido alle conoscenze di altri che ne sanno più di me, come faccio quando vado dal medico o salgo su un aereo. La conoscenza è un patrimonio collettivo e su di essa si dovrebbe “fondare” il nostro vivere civile e democratico. Oggi chi acquisisce canoscenza, magari con corsi universitari e dottorati di ricerca, non vede riconosciuto il proprio valore e fugge all’estero, dove trova riconoscimento. Chi resta è sottopagato, a meno di “agganci” giusti che non valutano le persone per i livelli di conoscenza e competenza acquisiti ma per “fedeltà” a chi elargisce favori. Il lavoro non basta a fondare un paese: prima di tutto, come Homo sapiens sapiens, dobbiamo valorizzare la conoscenza. Solo cittadini consapevoli possono realizzare una democrazia compiuta.

Un titolo di Libero (Emergenza capre. Popolo di ignoranti) segnala l’emergenza ignoranza, certificata da agenzie di valutazione. L’ignoranza (assenza di conoscenza) aumenta e mina la democrazia! Senza conoscenza il lavoro vale sempre meno. E quindi ecco la mia provocazione. L’articolo 1 della Costituzione va emendato con l’esortazione dantesca: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata su lavoro, virtute e canoscenza.

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