Si chiede di inserire l’ambiente (inteso come biodiversità ed ecosistemi) nella prima parte della Costituzione, dove si sanciscono i valori fondanti del nostro vivere civile. L’Articolo 9 tutela il paesaggio e il patrimonio culturale. Nell’Art. 117 arriva l’ambiente, con la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. L’equivoco paesaggio-ambiente va chiarito.

Il paesaggio è quello che percepiamo osservando l’ambiente, è una struttura. Gli ecosistemi racchiudono le funzioni che garantiscono il persistere e la salute di quella struttura. Il paesaggio è studiato da architetti, artisti, storici dell’arte, mentre gli ecosistemi sono studiati dagli ecologi. Il paesaggio è “anatomia” gli ecosistemi sono “fisiologia”. Inoltre, soprattutto in Italia, il paesaggio è plasmato da millenni di azione umana, è un prodotto culturale. Dare importanza al paesaggio equiparandolo alla natura è frutto di carenze di cultura scientifica in chi ha, magari, grande cultura umanistica.

Al tempo della scrittura della Costituzione il rapporto con l’ambiente era totalmente incentrato su di noi. Lo conferma l’art. 44: “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane“.

La parola “sfruttamento“, visto quello che abbiamo combinato con l’agricoltura intensiva, i pesticidi e i fertilizzanti, assume un significato non molto limpido. Come lo sfruttamento sia “razionale” potrebbe essere dibattuto. Oggi si direbbe “sostenibile“. La bonifica delle terre, imposta in Costituzione, riguarda i consorzi di bonifica, istituiti quando si pensava che le zone umide fossero malsane e andassero bonificate. All’epoca le zanzare anofele prosperavano negli acquitrini, e nelle tabaccherie si vendeva il chinino di stato, a cura della malaria. In più, la terra bonificata era data ai contadini, liberandoli dallo sfruttamento della proprietà terriera privata. Le intenzioni dell’art. 44 sono nobili, per l’epoca. Ma la bonifica delle zone umide ha portato al dissesto idrogeologico che affligge il nostro territorio. L’art. 44 ha risvolti paradossali: se oggi a qualcuno interrasse un’oasi del Wwf sita in un acquitrino (penso alle Cesine, in Salento) potrebbe invocare l’art. 44, che impone la bonifica.

Lo sviluppo sostenibile non è greenwashing, come teme qualcuno che si oppone alla modifica, ritenendo sufficiente il paesaggio. Sviluppare i nostri sistemi di produzione e consumo in modo che siano in armonia con i sistemi naturali è parte della transizione ecologica. Abbiamo chiari tentativi di greenwashing in chi propone il nucleare o le trivellazioni in mare come soluzioni sostenibili, ma questo non significa che la sostenibilità sia un male, significa solo che viene declinata male.

Le Costituzioni moderne mettono la Natura nei loro valori fondanti, soprattutto in Sud America. Esiste già una proposta di modifica costituzionale, la numero 3311 del 23 maggio 2012, con primo firmatario il Senatore Alberto Maritati, che propone di inserire la natura nella Costituzione. La conosco bene perché un pochino ho contribuito a scriverla, nell’ambito delle attività della sezione di Lecce di Libertà e Giustizia. Vi si riportano anche le parole di Benedetto XVI: “[…] Adottare in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l’uomo devono essere priorità politiche ed economiche“.

Ora pensate al significato della frase se al posto di ambiente ci fosse paesaggio: un modo di vivere rispettoso del paesaggio. Ambiente e paesaggio non sono sinonimi. La visione di Benedetto XVI ha trovato sublimazione in Laudato Si’, di Francesco, dove la parola paesaggio compare tre volte, l’ambiente compare 98 volte, gli ecosistemi 17 volte, la biodiversità 11 volte. Se ambiente, ecosistemi e biodiversità diventassero paesaggio, il senso cambierebbe.

Comprendo che i non ecologi (e i non papi) non riescano a comprendere la differenza, ma è proprio per colmare queste carenze culturali che sarebbe significativo modificare l’art. 9 della Costituzione, e magari dare anche una ritoccata all’art. 44! Posso parlare al bar dell’arte del paesaggio, confrontando Turner con Constable, ma mi fermo lì. Sarebbe bene che la stessa cautela fosse adottata da chi si intende di arte quando parla di ambiente.

Dopo la proposta di Maritati ne sono state fatte altre, fino all’ultima, recentissima, che si sta ora discutendo. Sarebbe bene metterle assieme e magari discuterle, senza lasciare che si accumulino. Ogni tanto qualcuno si accorge della carenza e formula l’ennesima proposta che, fino ad ora, cade nel vuoto. Oltre alla giungla legislativa abbiamo anche una giungla propositiva. Uno dei tasselli della transizione ecologica è proprio la modifica dell’art. 9.

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