A volte immagino che nei peggiori incubi dei porporati vaticani aleggi la presenza di Paolo Flores d’Arcais, il direttore di MicroMega inflessibile nell’inseguire il branco biancovestito dei Padri della Chiesa – diafani come in un quadro di El Greco oppure obesi alla Botero – per chiamarli a un confronto chiarificatore su fede e verità.

La storia ebbe inizio il 21 settembre 2000 al Teatro Quirino di Roma, quando si fece coinvolgere in tale incontro/scontro il massimo capobranco del popolo con la gonna: l’allora cardinale del Sant’Uffizio, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi Papa e infine Papa Emerito Joseph Ratzinger; coniglietto mannaro della più bell’acqua. Arbitro dell’evento un personaggio molto attento (e rispettoso) ai/dei rapporti di potere in campo: Gad Lerner.

Partì così un dialogo a tutto-campo dai toni formalmente pacati quanto ricco di perfidie retrostanti, in cui lo sfidante non concedeva nulla all’interlocutore fin dalle prime battute. A partire dalla provocazione che “Gesù non era cristiano. Era un ebreo osservante che mai si sognò di proclamarsi Messia”, per arrivare all’attualità del papa del momento – Karol Wojtyla – “con la sua famosa uscita nel balcone di Santiago del Cile, accanto al generale Pinochet, offrendo la benedizione della Chiesa a un regime criminale di macellai”. Davanti a questo attacco frontale, insolito per chi occupa alti scranni, il teologo di corte e sagrestia rispondeva con ermetismi (Flores lo definirà “il papa dei giochi di parole”) e soprattutto giustificando il deficit di argomentazioni con l’affaticamento. Come se due orette di chiacchiere fossero un’estenuante Maratona; “vorrei essere breve perché, appartenendo alla terza età, mi sento un po’ stanco”.

Tecnica diversiva che sarà ripresa dal suo successore in pectore, il cardinale Angelo Scola, che in analogo confronto butterà anche lui la palla in tribuna: “sono certo che non pretenderete risposte analitiche, perché non sarei in grado di darle dopo due ore e dieci minuti di discussione”. Un surmenage. Cui il Patriarca di Venezia – con tutta l’arroganza del personaggio – farà seguire una replica liquidatoria: “tanto meno mi soffermerò sulle critiche del professor d’Arcais. Le considero semplicemente fuori luogo”. Infatti tra lo svenevole Ratzinger e Scola, l’iniziativa di MicroMega aveva coinvolto altri boss ecclesiastici – Tettamanzi, Shönborn, Piovanelli, Caffarra, Herranz – per poi entrare in una fase di stallo. Commenta Flores: “la Chiesa gerarchica preferisce ormai il monologo. Teme di non aver argomenti, evidentemente”.

Per questo il direttore di MicroMega ora chiude la partita ritornando dove tutto era iniziato, con il saggio La fede e l’anatema. La crociata oscurantista di Joseph Ratzinger contro la modernità (Mimesis, Sesto San Giovanni). Una collezione delle argomentazioni estemporanee del papa tedesco all’insegna del più bieco giustificazionismo. Per cui la colpa della pedofilia nei vertici ecclesiastici va attribuita all’insegnamento dell’educazione sessuale scolastica nel clima creato dall’odiato Sessantotto. Per cui si apre la porta della Chiesa agli adepti pre-conciliari di monsignor Lefebvre, compreso quel Richard Nelson Williamson segnalatosi per la farneticante negazione dell’Olocausto e la patente di autenticità attribuita ai Protocolli dei Savi di Sion. Per cui si proclama l’aborto “olocausto silenzioso”, in una escalation che nel suo fanatismo oltrepassa le soglie dell’orrore: “la vicenda della bambina brasiliana di 9 anni incinta di due gemelli a seguito dello stupro perpetrato dal patrigno”. La poverina (altezza 1 metro e 33, peso 36 chili per la denutrizione) viene sottoposta ad aborto terapeutico, in quanto non avrebbe potuto sopportare la gravidanza, e il vescovo di Recife la scomunica immediatamente insieme all’equipe medica che ne ha evitato la morte. Il tutto con il plauso del ministro di Ratzinger cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei vescovi.

Innumerevoli esempi – quelli riportati da Flores – riconducibili alla visione teocratica, sessual-fobica e repressiva cui l’esecutore e poi il successore di Papa Wojtyla ispira la sua missione permanente: la Guerra Santa contro la Modernità illuministica e la scienza come conoscenza razionale. Contro la libertà dei moderni, sinonimo di perdizione.

Il papa teologo grande sconfitto, proprio perché non è stato in grado di fare fronte alle sfide da lui stesso evocate. E forse, per capire il senso, può essere utile il ricordo di quanto disse allo scrivente di queste note un altro teologo: Gianni Baget Bozzo, all’epoca alla corte del Cardinal Giuseppe Siri. Interrogato dal sottoscritto, ancora ragazzo in viaggio oltre il Cattolicesimo, sulle aporie del credere, il prete, ostentatamente in tonaca pre-conciliare, gli rispose che a lui di fede, carità e religione non poteva fregare di meno. Gli interessava la preservazione della bimillenaria istituzione di potere quale governo ecclesiastico dei corpi attraverso le anime.

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