Gli extraprofitti bancari non esistono e decidere di tassarli rappresenta “un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano”. A sostenerlo è la lobby delle banche, che come da attese è andata all’attacco della tassazione dell’extra margine di interesse legato al rialzo dei tassi prevista dal decreto varato in agosto dal governo. Il direttore generale dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Giovanni Sabatini, in audizione al Senato sul provvedimento ha messo in fila una serie di critiche: dalla negazione tout court di una situazione di oligopolio o monopolio che determini la possibilità “un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale” ai dubbi di costituzionalità – sollevati a dire il vero anche dal servizio Bilancio del Senato – fino alla ipotetica “lesione del diritto di proprietà” protetto dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo. Passando per la “possibile violazione del principio di libera concorrenza riconosciuto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea“. Simili le critiche di Federcasse e Assopopolari, che ha chiesto di escludere le piccole banche del territorio. Le tre associazioni premono poi perché sia tenuto fuori dal computo dell’imposta il margine di interesse legato ai titoli di Stato. Si vedrà se una o più richieste verranno accolte negli emendamenti i cui termini di presentazione sono fissati per mercoledì: Forza Italia e la Lega sarebbero inclini a ridurre l’impatto del balzello, ma la premier Giorgia Meloni non sembra disponibile a modifiche sostanziali.

“L’imposta straordinaria è stata definita come tassazione di extraprofitti del settore bancario”, ha ricordato Sabatini. “L’extra-profitto si riferisce a una situazione specifica, quella in cui un’impresa godendo di una posizione di monopolio od oligopolio può fissare il prezzo dei suoi prodotti ricavando un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale. Questa situazione è assente nelle banche, non solo in forte concorrenza nell’intera area dell’euro”. Quanto all’ipotesi di incostituzionalità, la nuova tassa secondo l’Abi non rispetta i parametri fissati dalla Corte costituzionale per valutare la compatibilità di una imposta straordinaria con i principi sanciti nella Carta, in particolare quello di uguaglianza e quello di capacità contributiva. Ovvio il riferimento alla sentenza del 2015 sulla “Robin tax”, con cui la Consulta ha bocciato l’addizionale Ires sul settore energetico.

Per Sabatini vi sono poi possibili profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria. In questo caso il direttore generale dell’Abi ha fatto riferimento all’art. 42 della Costituzione: la tassa sugli extraprofitti costituirebbe una “lesione del diritto di proprietà, stante il carattere espropriativo della misura sulla ricchezza dell’impresa, che costituisce, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione, bene giuridico protetto ai sensi dell’articolo 1 del 1° protocollo addizionale alla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) ed all’articolo 17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea”. Il prelievo straordinario, infatti, deve avere a confronto “l’esercizio di normale attività del contribuente rispetto al margine straordinario generato dalle contingenze. Il raffronto con periodi di imposta dove il tasso di interesse si attestava attorno allo zero non costituisce un adeguato parametro”. Infine, Sabatini ha rilevato anche “una possibile violazione del principio di libera concorrenza riconosciuto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), nella prospettiva di una discriminazione”. In altre parole, la norma penalizzerebbe gli operatori nazionali del settore bancario “rispetto ad enti bancari residenti in altri Stati Membri”.

Infine, il Tfue obbliga gli Stati membri a “chiedere preventivamente il parere della Bce in merito a progetti di disposizioni legislative” che rientrano nella sua sfera di competenza. Proprio la Banca centrale europea si era già espressa sull’imposta straordinaria introdotta in Spagna sui profitti di banche e imprese del settore energetico. Il 2 novembre scorso la Bce aveva inviato una lettera al Banco de España criticando la misura sotto svariati profili. Tra i principali, “l”effetto negativo sulla resilienza degli intermediari e, quindi, sulla stabilità finanziaria e sulla capacità delle banche di erogare credito, in quanto l’imposta può essere applicata anche ad intermediari in perdita, infatti, analogamente a quanto disposto in Italia, la base su cui è stabilita la nuova tassa non tiene conto dell’intero ciclo economico e non comprende, tra l’altro, le spese operative e il costo del rischio di credito. Di conseguenza, l’importo del prelievo temporaneo potrebbe non essere commisurato alla redditività di un ente creditizio”.

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