Cinema

Niente attori, ma tanto cinema. Il Festival di Venezia regala anche l’incredibile ritorno di Luc Besson (e anche di Woody Allen e Roman Polanski)

di Davide Turrini

Niente star statunitensi sul red carpet, ma Venezia 80 sembra tanta roba. Sei i film italiani in Concorso (Garrone, Diritti, Sollima, Castellitto, De Angelis, Costanzo), sette titoloni hollywoodiani (tra cui David Fincher, Michael Mann, Sofia Coppola e Bradley Cooper) e tre francesi (tra cui il ritorno incredibile di Luc Besson). Poi Fuori Concorso arrivano pure Woody Allen, Roman Polanski, Wes Anderson, William Friedkin, Luca Barbareschi e Liliana Cavani. Insomma, dal 30 agosto al 9 settembre 2023 al Lido ci sarà di che saziarsi, nonostante, appunto, la mancanza dei divi statunitensi immersi in uno sciopero epocale, assieme ai colleghi sceneggiatori, che durerà ancora parecchio (autunno inoltrato?).

Il direttore del festival, Alberto Barbera, la mette comunque giù facile: “Le conseguenze dello sciopero, che ha le sue buone e condivisibili ragioni, sulla Mostra di Venezia sono modeste”. Poi ancora: “L’unico film perso è Challengers di Guadagnino”. Insomma, nello stallo del caso d’oltreoceano Venezia nella sua laguna tira comunque dritto. Niente Emma Stone o Adam Driver sul red carpet? Beh, comunque arrivano il film Ferrari (con Driver protagonista, e chi altrimenti?) targato Michael Mann sul Drake modenese e il nuovo film di Yorghos Lanthimos, Poor Things, su una Frankstein al femminile vorace di sesso. Non faranno la passerella con autografi Bradley Cooper e Michael Fassbender? Però il thriller The Killer di David Fincher (lontano da Venezia dal 1999 quando portò tra i mugugni Fight club) verrà mostrato in prima mondiale così come Maestro, il biopic diretto e interpretato da Cooper, sul direttore d’orchestra Leonard Bernstein.

Concorso ricco e gli italiani ci si ficcano. Ad aprire l’80esima edizione della Mostra del cinema di Venezia sarà Comandante di Edoardo De Angelis con un Pierfrancesco Favino in versione marina militare dell’esercito regio con i galloni di Salvatore Todaro che durante la seconda guerra mondiale in pieno Atlantico salvò l’equipaggio nemico di un mercantile belga appena affondato. Sempre in tema di allusioni alla mancanza di umanità nei mari c’è il nuovo film di Matteo Garrone, Io capitano, che assicura Barbera, vede per la prima volta il regista romano senza il suo “barocchismo stilistico” ma con una narrazione naturalistica imperniata su due ragazze senegalesi che vogliono attraversare il Mediterraneo. L’Enea di Pietro Castellitto viene definito da Barbera “la Grande bruttezza su un’umanità cinica e ipocrita romana”, insomma la logica tappa post I predatori e dopo il romanzo Gli iperborei. “Non sono un grande fan di Giorgio Diritti”, ha spiegato il direttore di Venezia in quella che potrebbe diventare la gaffe del secolo, ma Lubo mi è piaciuto molto. Dura tre ore ed è incentrato sulla vita del giovane nomade (“zingaro”) Lubo Moser interpretato dall’eclettico Franz Rogowski.

Ancora in casa Italia il kolossal di Saverio Costanzo, Finalmente l’alba con Lily James, e Adagio di Stefano Sollima ambientato in una sorta di presente apocalittico neroniano, una Roma piena di incendi per intenderci, con un cast all star (Favino, Servillo, Mastandrea, Giannini) e il tentativo dell’enfant prodige che ha dato punti ad Hollywood di diventare anche “autore” all’europea. Non c’è spazio per approfondire tutti i 23 titoli in Concorso per il Leone d’oro 2023, diciamo solo che oltre ai sei film italiani, ai sette americani (non dimentichiamo la Coppola con Priscilla, biopic sulla moglie di Elvis; e Ava DuVernay con Origin tutti incentrato sullo scontro razziale statunitense) e tre francesi (ci sono anche Bonello e Brizé oltre a Besson), abbiamo due titoli polacchi (c’è il ritorno di Agnieska Holland), un film danese Bastarden con protagonista Mads Mikkelsen, il ritorno dell’oscarizzato Kyusuke Hamaguchi (quello di Drive my car), il tedesco Die theorie von allem, il belga Holly, e l’amato Pablo Larrain che con El Conde propone un Pinochet vampiro che risorge post mortem per succhiare altro sangue cileno.

Molto nutrito il programma Fuori Concorso e nelle sezioni collaterali. Basta registrare la presenza del malvoluto da tutti, Woody Allen, con il suo ultimo film Coup de chance, tutto girato e prodotto in Francia. Altra bestia nera dei festival, quest’anno piazzato fuori concorso, chissà mai che vinca qualcosa e rinascano polemiche, è Roman Polanski con The Palace, ultimo capodanno del secolo scorso in un hotel svizzero in compagnia tra gli altri di Mickey Rourke e John Cleese. Sempre in territorio polanskiano (produce e appare in The Palace) torna al Lido, Fuori Concorso, Luca Barbareschi con il film da lui diretto e interpretato The penitent. La 90enne Liliana Cavani presenterà invece, sempre senza concorrere per il Leone, L’ordine del tempo, tratto nientemeno che dal best seller del fisico Carlo Rovelli. In tema vintage Barbera non si fa mancare il leone William Friedkin con The caine mutiny court-martial con Kiefer Sutherland, Richard Linklater con Hit man e i 40 minuti di The wonderful story of Henry Sugar dove Wes Anderson fa recitare Ralph Fiennes e Benedict Cumberbatch. Per l’angolo bizzarrie tornano al Lido Harmony Korine (Aggro Dr1ft) e Quentin Dupieux (Daaaaaali!), mentre in Orizzonti Extra sono stati dragati l’esordio di Micaela Ramazzotti alla regia, Felicità; un documentario sull’ultimo concerto di Ryuichi Sakamoto e l’ultimo documentario del 94nne Wiseman entrato con la sua videocamera nella cucina dello stellato francese Les troisgros.

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