Migliaia di arresti in Kirghizistan per quello che il Comitato di Stato per la sicurezza nazionale ha definito un “possibile colpo di Stato”. Un episodio che, se confermato, aumenta la tensione in uno dei Paesi di un’area, l’Asia centrale, al centro dei giochi geopolitici delle grandi potenze mondiali, dalla Russia, che storicamente esercita pieno controllo su quella parte del pianeta, alla Cina che aspira ad aumentare la sua crescente influenza anche in funzione del progetto della Belt and Road Initiative. Ma il 2 giugno nel Paese è arrivato anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per un summit Unione Europea-Asia Centrale alla presenza di tutti e cinque leader regionali, reduci da pochi giorni dal viaggio in Cina in blocco alla corte di Xi Jinping, nel quale, stando alle dichiarazioni finali, sono stati trovati punti d’incontro su progetti comuni in termini di connettività, rapporti commerciali e difesa del principio di integrità territoriale.

Per quanto riguarda ciò che è avvenuto nella mattinata di lunedì, il Comitato si è limitato a dire che i complottisti hanno cercato di acquisire il potere in modo violento. Indicativa, però, la reazione della Russia, con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha espresso “allarme” per le notizie in arrivo da Bishek, precisando tuttavia di “non avere informazioni dettagliate al momento”.

Nel Parlamento locale è anche al vaglio una legge simile a quella sugli agenti stranieri varata in Russia nel 2012 che costringe le ong che ricevono finanziamenti dall’estero a controlli e restrizioni. Una proposta che si inserisce in un processo di crescente repressione del dissenso interno. Dal suo arrivo al potere nel 2020, il presidente Sadyr Japarov ha infatti preso di mira i suoi oppositori politici e i media. Nel marzo del 2022 è stato anche introdotto un bando alle manifestazioni di protesta nel centro della capitale, forse in seguito a quelle nate di fronte all’ambasciata russa contro l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.

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