Tre chilometri e mezzo di fango e un paese interamente abbandonato. È quello che rimane di Vado, frazione di Monzuno, sull’Appennino bolognese, travolta da una delle violente frane che la forte pioggia sta causando nell’entroterra emiliano. Due giorni fa i suoi abitanti sono stati svegliati poco prima dell’alba dallo smottamento di una parte del colle alle spalle del centro abitato. Metri di terra e resti di alberi si sono riversati su tutta la strada principale e nei piani terra delle abitazioni. Sono 240 gli sfollati che ora vivono da parenti e amici o nel rifugio allestito nel campo sportivo. Ogni sera, alle 18, il sindaco di Monzuno Bruno Pasquini organizza un incontro nella palestra per aggiornarli sulla situazione: “È venuto via tutto – dice – quello che rimane non è più Vado. Sembra di stare su un pianeta lunare”.

Un paese bloccato – Vado si è trasformata in un cantiere a cielo aperto dove si scava per liberare la strada, che è un’importante via di collegamento tra il paese e tutta la zona. Da due giorni i volontari della Protezione Civile stanno utilizzando gli scavatori e gli enormi automezzi industriali messi a disposizione dalla cava vicina. Vanno avanti e indietro senza sosta, caricando fango e sabbia che accumulano ai cigli della strada. Negli spiazzi ci sono ancora diverse automobili rovesciate, molti guard-rail e cartelli stradali sono divelti. L’ingresso al paese è bloccato dalle transenne e dalle volanti della Polizia Locale e dei Carabinieri. “Il primo soccorso è stato caricare 130 persone evacuate, cinque per volta, sull’elicottero dell’Aeronautica militare. Dallo spiazzo della cava li trasportavamo al sicuro – racconta Pasquini –. Lo smottamento aveva circondato una parte del paese. Per velocizzare i salvataggi siamo dovuti salire sugli automezzi dei Vigili del fuoco e della cava. La paura era tanta perché la frana continuava a essere attiva”. I detriti sbarrano anche l’unico accesso a una grande fabbrica di prodotti chimici dove lavorano ottanta persone e che dal giorno della frana ha sospeso la produzione e le spedizioni. Questo non solo a causa della frana: “Da anni i lavori per creare altre strade di collegamento sono fermi – spiega il primo cittadino –. Oggi avere un’altra via di fuga sarebbe stato fondamentale per la vita del paese e di tutta la nostra montagna, che ogni giorno diventa sempre più fragile. E questo è il risultato”.

“In venti minuti ho perso tutto” – Solo nel territorio di Monzuno le frane segnalate sono quasi trenta. Non quantificabili per ora i danni. Anche nei punti del paese meno coinvolti dallo smottamento i residenti spalano per ore per liberare il cortile e il portone d’ingresso dalla sabbia. Ma c’è chi invece è stato colpito più duramente. Marco Calzolari ha 59 anni e da trenta è il fabbro di Vado. I massi e la terra della frana hanno investito la sua officina riducendola in macerie. “Non mi è rimasto più niente – racconta –. In venti minuti questa catastrofe mi ha tolto tutto. Ho sempre abitato qua e non ho mai visto una cosa del genere”. E chiede che né lui né i suoi compaesani vengano lasciati soli: “È importante che le istituzioni ci rimangano vicine per aiutarci a ricostruire. Io, a 59 anni, dove posso andare?”.

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