Nell’universo giuridico italiano, stando alle contestazioni della Procura di Vicenza, è nato un nuovo tipo di reato. Si tratta di un inconsueto “stalking a mezzo stampa”, che si presume sia stato commesso attraverso una serie di servizi giornalistici che hanno riguardato il funzionamento dell’Unità sanitaria locale 7 Pedemontana (Alto Vicentino) e del suo direttore generale, Carlo Bramezza. Il reato di stalking (articolo 621 bis Codice penale) è stato concepito nel 2009 per punire soprattutto le persecuzioni di un uomo nei confronti di una donna (o viceversa), che abbiano causato una situazione di paura, limitazione della libertà personale, gravi stati di timore o di ansia. Infatti, prevede un aumento di pena quando la vittima è un coniuge, anche separato o divorziato, oppure una persona legata da relazione affettiva, o quando è commesso con strumenti informatici o telematici. Aggravanti specifiche sono previste se la vittima è un minore, una donna in gravidanza, un disabile, o se lo stalking è commesso con armi o da una persona con il volto coperto.

Mai finora il supposto stalking è stato concepito in un capo d’imputazione che indica l’uso dell’informazione, elenca come arma del delitto una serie di “servizi televisivi” e individua la vittima in una persona che riveste un importante incarico pubblico. L’accusa è contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini che il sostituto procuratore vicentino Serena Chimichi ha notificato all’ingegnere Giovanni Jannacopulos che controlla, attraverso un gruppo editoriale di Bassano del Grappa, le emittenti “Rete Veneta” e “Antenna Tre”. Il documento ha riformulato l’originaria accusa di minaccia che lo scorso anno aveva spinto la Procura a chiedere ed ottenere dal gip la sospensione di Jannacopulos dall’attività di editore. Il provvedimento era stato impugnato dal difensore, l’avvocato Maurizio Paniz, che ne ha ottenuto la revoca da parte del Tribunale del riesame di Venezia. La Procura aveva impugnato in Cassazione, ma pochi giorni fa anche i giudici romani hanno confermato quella decisione che sembrava scagionare Jannacopulos, poiché i servizi televisivi di denuncia della gestione sanitaria dell’ospedale di Bassano, pur pesantemente critici, rientravano nell’esercizio del diritto di informazione.

Il pubblico ministero, prima ancora del deposito delle motivazioni della Cassazione, ha invece ritenuto che esistano motivi sufficienti per chiudere le indagini, in vista della prevedibile richiesta di rinvio a giudizio. Ed ecco spuntare l’inedito reato di stalking, perseguibile solo su querela di parte nella sua formulazione non aggravata. Evidentemente Bramezza, che era stato sentito come testimone, ha presentato querela per stalking, anche se non lo ha fatto per la supposta diffamazione dei 56 servizi giornalistici citati nel capo di imputazione come forma di pressione indebita. L’accusa? “Jannacopulos, con condotte reiterate minacciava e molestava Bramezza Carlo, direttore generale dell’USL 7, in modo da cagionargli un perdurante grave stato di ansia per la sopravvenuta assenza di libertà e serenità del proprio operato, con manifestazioni di insonnia e ipertensione, nonché costringendolo a mutare le proprie abitudini di vita, in quanto era costretto ad assumere farmaci e diminuiva le proprie uscite e frequentazioni”. La formulazione riprende la norma concepita soprattutto a tutela delle donne minacciate da un fidanzato inconsolabile o da un ex violento, e la traspone nel rapporto tra un organo di informazione e un uomo pubblico.

Siccome Jannacopulos non aveva ottenuto da Bramezza risposta positiva ad alcune richieste “attinenti alla gestione dell’azienda sanitaria”, avrebbe “messo ripetutamente in onda attraverso le emittenti Rete Veneta e Antenna Tre, di cui ha di fatto la responsabilità editoriale, servizi denigratori nei confronti della gestione di Bramezza della Ulss 7 e anche della sua persona”. I servizi (in onda dal 18 luglio 2021 al 29 marzo 2023) riguardavano problemi di gestione sanitaria, l’utilizzo di infermieri come autisti di ambulanze e proteste di cittadini. Un ultimo filone informava dei dissesti economici di Bramezza, causati da attività immobiliari non connesse alla sanità veneta, e sulla sua dichiarazione di insolvenza per 11 milioni di euro. Commento dell’avvocato Maurizio Paniz, per conto di Jannacopulos: “Ho appreso con sorpresa questa contestazione di stalking giornalistico, credo per la prima volta in Italia, ma le novità consentono sempre di alzare l’asticella della mia preparazione e dei miei obiettivi per cui lascio siano gli altri a parlare di accanimento giudiziario”. La contestazione, al di là del caso concreto, intercetta il più generale tema del diritto-dovere dell’informazione, soprattutto quando essa punta a verificare i comportamenti pubblici di autorità e politici.

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