Alla presidente del Consiglio piace cambiare le carte in tavola per aggiustarsi la Storia come conviene a lei e ai suoi. Nella verbosa lettera inviata al Corriere per dirsi felice paladina della libertà (ma non dell’antifascismo) ha citato Togliatti e Violante, De Gasperi e i padri costituenti allo scopo, alla fin fine, di legittimare un partito nero nero come l’MSI. Del resto, oggi Fratelli d’Italia ne ha ereditato la fiamma: nato per riannodare le file degli ex repubblichini e dei nostalgici del ventennio, il Movimento sociale finì per dare alle formazioni paramilitare del neofascismo un “grande ombrello” (così disse il capo ordinovista Rauti quando rientro nel partito), cioè una solida protezione.

Ma il riferimento più subdolo e sinistro Meloni lo ha fatto richiamando le attività della brigata Osoppo. Orbene, la Osoppo, con tutto il rispetto per le donne e gli uomini che parteciparono alle attività resistenziali, non rappresenta affatto la Resistenza essendo diventata il simbolo di ciò che divenne dopo e di cosa ci aspettava nel Dopoguerra: ormai è consolidato in sede storica che essa fu “progenitrice di quella complessa struttura che va sotto il nome di Gladio (S/B)”.

L’idea di investire risorse nella Brigata Osoppo prese forma dopo le elezioni del 1948: furono un trionfo per la Democrazia Cristiana, ma quanto dovettero spendere gli Stati Uniti per evitare un esito favorevole alle sinistre? Tanti soldi, tante risorse per una operazione tra le più significative per tutte le altre azioni di ingerenza, tano che fece scuola, come avvenne per le elezioni del ’58 (lo disse nelle sue memorie l’inviato della Cia a Roma, Wiliam Colby). La Osoppo era stata sciolta nel ’45 ma venne ricostituita pochi mesi dopo: uomini e strutture, una rete già fatta, solo da rivitalizzare, ufficialmente per difendere i confini orientali da incursioni rosse.

Secondo la Relazione sull’organizzazione “O”, redatta dal V Comando militare territoriale il 14 dicembre 1954 già due mesi dopo la struttura poté contare su 2130 uomini e creare al suo interno un “servizio informazioni, con compiti informativi interni e d’oltre confine”. Ridenominata Volontari Difesa Confini Italiani VIII, l’organizzazione viene incaricata dal Comando della divisione Mantova di “preparare uno studio per l’impiego dei volontari nella protezione di opere, impianti e comunicazioni in caso di grave perturbazione dell’ordine pubblico”. Non fu una organizzazione di reduci o pensionati, la “O” rivestirà un ruolo fondamentale nelle strategie di mantenimento dell’ordine atlantico: il Dipartimento di Stato aveva sollevato subito dubbi sullo scioglimento della Osoppo, ma arrivarono le rassicurazioni dei nostri Servizi.

Con un appunto del 26 marzo 1958 dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma S/B“: “Il Servizio italiano ha sempre considerato che sarebbe stato un errore lasciare cadere nel nulla tali idealità e propositi [degli aderenti alla ‘O’] (che sarebbero altrimenti andati delusi e perduti) e, perciò, quando a fine 1956 lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva lo scioglimento della ‘Osoppo’, il Servizio italiano prendeva a suo carico l’organizzazione e ne decideva la conservazione e la ricostituzione. Le nuove basi per la ricostituzione dell’organizzazione datano dal 10 ottobre 1957, quando esse venivano così precisate: denominazione: Stella Alpina; compiti: in tempo di pace: controllo e neutralizzazione dell’attività slavo-comunista; in caso di conflitto e o insurrezione interna: antiguerriglia e antisabotaggio […]”.

Fu così che venne avviata la più grande organizzazione di ingerenza negli affari dei Paesi europei, gli eserciti della Stay Behind, protagonisti del capitolo più cruento della nostra storia repubblicana, lo stragismo. Celebrare la Resistenza ricordando la Osoppo è dunque una scelta precisa e chiara di cancellazione di una vasta eredità partigiana della quale si vorrebbe salvare ciò che ha poi minato la tenuta della nostra democrazia.

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