di Claudia Marcolungo

Il 7 febbraio 2023 cinque Stati, Norvegia, Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, hanno presentato all’ECHA, l’Agenzia europea che si occupa della regolamentazione delle sostanze chimiche prodotte e immesse in commercio, una proposta di revisione del Regolamento REACH del 2006 per contrastare il diffuso e preoccupante inquinamento da PFAS (sostanze per- e
polifluoroalchiliche) riscontrato ormai in ogni parte del mondo.

Senza poter entrare nel dettaglio dei contenuti delle modifiche presentate, sia consentito soffermarsi su alcuni aspetti a carattere generale che testimoniano il tasso di disinteresse e le carenze di dibattito politico pubblico su un tema così importante e scottante, anche a cagione del fatto che in Italia si trovano due Regioni più pesantemente contaminate da PFAS: il Veneto e il Piemonte. In tre province venete (Vicenza, Padova e Verona) dal 2013 è emerso il pesante inquinamento della falda acquifera sottostante ad una fabbrica nel Vicentino che produceva tali composti (ora fallita dal 2018), una contaminazione ancora lungi dall’essere circoscritta e risolta. In Piemonte, a Spinetta Marengo nella Provincia di Alessandria, la Solvay attualmente tratta ancora tali composti con le immissioni nell’ambiente che ne conseguono.

La popolazione di tali luoghi è comprensibilmente preoccupata: tali composti chimici si insinuano nel corpo delle persone, si innestano nei tessuti e circolano nel sangue. Composti chiamati Forever Chemicals, eterni contaminanti, ipoteca sul futuro delle generazioni che verranno e sulle stesse matrici ambientali.

Le modalità di persistenza, diffusione ed ubiquità che connotano tali composti – frutto della mano dell’uomo – impongono, come detto, alcune riflessioni che cozzano prepotentemente col disinteresse della politica in punto. Numerosi scienziati a livello mondiale, svariate organizzazioni non governative, associazioni di medici, gruppi di cittadini e comitati si muovono incessantemente per porre un freno alla dilagante onnipresenza di queste molecole che sono impiegate in numerosissimi prodotti di uso quotidiano, dalle padelle antiaderenti al filo interdentale, dai tessuti idrorepellenti alla carta forno.

Un rumore di fondo – assordante per chi conosce gli studi sulle caratteristiche, tossicità ed effetti sulla salute umana e sull’ambiente – cui la politica non presta ascolto, in particolare quella italiana, che dovrebbe invece collocarsi in prima linea in una battaglia che la vede in Veneto come protagonista della contaminazione da PFAS più estesa e pervasiva a livello mondiale.

Malpensanti e complottisti parlerebbero di politici proni rispetto agli interessi industriali; altri in modo sarcastico enfatizzerebbero la poca competenza e sensibilità ambientale dell’attuale classe politica, ancorata a restyling di facciata sui nomi dei Ministeri. A prescindere da tutto questo, sono da sottolineare alcuni aspetti di grande rilievo.

Primo. Stiamo parlando di sostanze chimiche in gran parte persistenti, che si insinuano nel cibo, nei corpi, trasmesse anche dal latte materno o durante la gravidanza, causando patologie cliniche ed effetti molti dei quali ancora ignoti. Stiamo parlando di ingerenze nella sfera più intima di ciascuno, senza consenso, solo nel nome della dura legge del profitto indiscriminato. Una palese violazione della dignità e della libertà di tutte le persone che, all’improvviso, si sono viste recapitare a casa una lettera con i valori esorbitanti della presenza di PFAS nel sangue dei loro figli. Uno shock, una violenza inaudita.

Secondo. Stiamo parlando del dovere di proteggere la popolazione che è parametro di legittimità e giustificazione stessa della funzione dello Stato, degli apparati amministrativi, dei governi e delle Agenzie e istituzioni pubbliche. Un dovere di proteggere che mostra tutta la sua inefficienza, la sua debolezza, il suo disinteresse, in alcuni casi.

Terzo. Stiamo parlando della necessità di essere attivi nelle scelte di sistema – industriali, ambientali, sociali – non a parole, ma nei luoghi preposti alle decisioni e alla discussione. Non su Twitter, non nei talk-show, ma in Parlamento – europeo e nazionale – come nei comitati scientifici, nelle Commissioni scientifiche. Ma la presenza delle Istituzioni e degli Enti interessati latita, salvo apprezzabili ed eccellenti eccezioni spesso tuttavia dettate da scelte individuali.

Quarto. Stiamo parlando di informazione e trasparenza delle decisioni, delle problematiche che affliggono tutti. Moltissimi ad oggi non sanno neppure della presenza ubiquitaria dei PFAS sul pianeta, dei suoi effetti, della portata dirompente della contaminazione.

In Veneto, dal 2013 come detto, ancora l’ex fabbrica Miteni continua a rilasciare contaminanti, la bonifica appare una prospettiva visionaria, ancora persone che vivono nelle zone toccate da tutto questo non hanno accesso ad acqua potabile non contaminata, non hanno la possibilità di monitorare la presenza dei PFAS nel loro sangue, non conoscono la reale portata del fenomeno, vivono in un limbo di drammatica incertezza. Perché?

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