Moda e Stile

M come Moda, l’alfabeto dello stile secondo Giulia Rossi: una guida pratica e divertente per districarsi meglio nel guardaroba

Attraverso le 132 voci del suo libro, l'autrice accompagna il lettore in un "viaggio della memoria" dell'uomo, alla continua ricerca di espressione e autoaffermazione, plasmate grazie alla musica, alla pittura e a cinema

di Antonella Zangaro

Da A come Abito a Z come come Zazou, tra le 132 voci dell’alfabeto della moda raccolte da Giulia Rossi nel suo ultimo libro c’è dentro di tutto. “M come Moda. Connessioni e suggestioni con arte, cinema, letteratura e musica”, pubblicato da Pendragon, è una raccolta in ordine alfabetico di immagini, canzoni e citazioni che appartengono alla storia personale di ciascuno, attraversando epoche e generazioni. Il dizionario redatto dalla giornalista e docente di Semiotica e Comunicazione della Moda, raccoglie e disegna un filo rosso che inanella la storia dell’uomo nella sua constante e mai conclusa ricerca di espressione, autoaffermazione e negazione attraverso l’immagine che si cuce addosso, che scrive nelle pagine della letteratura e sulle tavole pittoriche, nel cinema e nella musica. Ogni generazione trova un po’ di sé e della sua vita in questa raccolta e trova anche un senso di continuità. Da chi ha amato Coco Chanel o Vivienne Westwood e le rivoluzioni portate sul corpo e sul ruolo delle donne nella società, a chi è stato paninaro, Hippy o Gipsy, ha sognato Woodstock o la contemporanea Coachella.

Il cinema e la musica hanno pescato a piene mani e spesso dato la volata a quello che nasceva spontaneamente tra le strade di Londra, Parigi, Milano e New York, oppure hanno lanciato stili che sono diventati codici scritti riconoscibili per tutti. “Un capo dalla carica erotica esplosiva. Così lo vede Louis Réard, il sarto francese che il 5 luglio 1946 “inventa” il bikini, battezzandolo a partire dal nome dell’omonimo atollo nell’arcipelago Marshall, nell’oceano Pacifico, dove gli americani stavano conducendo test nucleari.” Siamo alla lettera B come Bikini, quello che aveva tratto ispirazione dall’abitudine delle ragazze di Saint-Tropez, “di arrotolarsi i costumi per abbronzarsi meglio”, ricorda il libro. Poi è arrivato il 1956 e Brigitte Bardot lo ha indossato nella pellicola E Dio creò la donna di Roger Vadim; da lì seguirono Marilyn Monroe e Rita Hayworth e le donne occidentali sposarono felici l’idea di scoprirsi portando in spiaggia la libertà di poterlo fare.

C’è Audrey Hepburn che ritorna sotto il richiamo di diverse voci, a cominciare da quella del tubino nero, Little Black Dress che, grazie a Chanel che ne intuisce la capacità di essere elegantissimo con immensa sobrietà, esce dalle cerimonie del lutto per trasformarsi in quello che Vogue USA definì il “vestito che tutte indosseranno”. In Colazione da Tiffany, Givenchy cuce addosso a Holly il capo definitivo dell’eleganza semplice e perfetta, indossato ad ogni ora del giorno. Moda non è gusto del frivolo, lascia intendere Giulia Rossi, ma consapevole volontà di dire chi siamo in ogni fase della vita, in ogni momento della giornata. “E’ stato un viaggio anche attraverso la memoria” ci spiega l’autrice che, per restare al passo con i tempi, nella raccolta ha coinvolto anche una sua ex studentessa al corso di Fashion Journalism all’Università americana John Cabot di Roma, una voce preziosa per introdurre gli aggiornamenti che oggi nascono dalle piattaforme come TikTok e che portano parole nuove come Cheugy, Weird e Preppy. (Le generazioni oltre la Z sono invitate a documentarsi leggendo il libro. Si stupiranno).

Attraverso la carrellata, ci si infila nel senso di appartenenza o rigetto sviluppato in un determinato momento storico: ci sono gli uomini e le donne, gli artisti che hanno sospinto i cambiamenti nello stile e nell’iconografia corrente, quelli che li hanno rinnegati e combattuti e coloro che li hanno adottati facendoli propri. Gianni Versace, viene ricordato come il propulsore dello stile fatto di latex, pelle, corsetti ispirati al mondo del sadomaso, così il LBD (Little Black Dress) si trasforma in un Bondage Dress, dall’immagine feticista con anelli dorati su pelle nera che ha fatto il suo debutto al Met Gala del 1992 indossato da Donatella Versace. Un pezzo iconico del guardaroba scelto poi da star come Beyoncé, Kim Kardashian, Dua Lipa e Damiano dei Maneskin. Dalla vita quotidiana alla ricerca del proprio ruolo sul lavoro e nella società, la moda e lo stile sono messi in fila per suggerire l’uso degli strumenti presi in prestito da mondi diversi per essere reinterpretai a propria misura.

Le ballerine lasciano il palco di legno dei teatri per correre ai piedi delle donne sulle strade, così come altri capi vengono mutuati dal mondo dello sport per finire nell’armadio della quotidianità o addirittura salire agli onori dei red carpet grazie a reinterpretazioni uniche. Re del gusto e della sperimentazione, anche in questo vocabolario, resta David Bowie presente in varie voci e massima espressione del G come quel Glam che sconvolge lo stile e l’identità di genere colorando con un’enfasi pescata tra i classici del teatro Kabuki, esattamente come oggi riesce bene alla sua erede Lady Gaga. E così, andando al Glitter amato già da Cleopatra, si passa per la Crinolina e lo stile Impero, il Dandy, saltando da Oscar Wilde alle regine Elisabetta I, Vittoria d’Inghilterra e Maria Antonietta di Francia. La moda guadagna il suo ruolo nella comunicazione dello status e nell’esercizio del potere, basta una Canottiera bianca per mettere insieme la classe operaia, James Dean, Freddy Mercury e Demi Moore e arriva a rendere iconico anche il messaggio di Umberto Bossi. Gli Occhiali da sole dei comandanti di volo vanno al cinema con Top Gun e nei video musicali con Michael Jackson, quelli rotondi da Gandhi a John Lennon fino ai libri di Harry Potter, in discesa senza sosta come le perle, dalle regine al Primo Ministro Margaret Thatcher. M come moda e V come la voglia di essere connotati nella propria unicità.

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