Ottima la prestazione del collettivo rossonero: Kyaer e Maignan, su tutti, con Hernandez a ruota, ma anche il certosino lavoro di Bennacer e Tonali, aiutati da un provvido Krunic, e in evidenza Calabria, che ha giocato con tignosa concentrazione, coadiuvato prima da Diaz e poi da Messias, senza dimenticare Giroud che in fondo è riuscito a segnare nonostante il rigore sbagliato e un’occasione sciupata, così come si è dannato Tomori, la cui prestazione è stata rovinata dallo sciagurato tocco di braccio in area (per fortuna il rigore è stato neutralizzato dal miracoloso Maignan…) con menzione speciale per Leao, talvolta irritante per certi suoi atteggiamenti, ma capace di prodezze da fuoriclasse, come la galoppata per oltre settanta metri, seminando la difesa avversaria, conclusa con un assist perfetto a Giroud. Solo Origi, a mio modestissimo parere, non mi è parso all’altezza della situazione.

Certo che in Champions è un altro Milan, rispetto a quello delle ultime partite di campionato: probabilmente perché nella testa dei giocatori l’obiettivo ambizioso è osare l’inosabile, ossia approdare in finalissima, ad Istanbul (e vendicare l’ingloriosa e dolorosa sconfitta del 25 maggio 2005, quando proprio a Istanbul in vantaggio di tre gol si fece raggiungere dal Liverpool e battere poi ai calci di rigore.

Ma non c’è solo questo nello splendido percorso rossonero. C’è anche l’aspetto economico, fondamentale: raggiungendo la semifinale, il Milan si ritrova con un sontuoso gruzzoletto, ben 85 milioni di euro, così almeno ho letto su un sito specializzato, Calcio Finanza, che ne ha contabilizzato l’ammontare. Infatti, molte sono le voci di bilancio che caratterizzano sia la partecipazione al torneo, sia i progressivi emolumenti che premiano piazzamenti e progressi, durante i vari passaggi di turno.

Nello specifico, il ranking storico ha portato nelle casse del Milan ben 14,79 milioni. Quanto agli sponsor, il “market pool 1” è valso 8 milioni, il “market pool 2” altri 5,85, e questo sinora. Ad essi si aggiungono i bonus legati ai risultati positivi (9,33 milioni) e le quote dei pareggi (0,69 milioni). In più, ecco il ricco bottino generato dagli ottavi (9,6 milioni) e da quello dei quarti (10,6 milioni), ai quali si aggiunge il sostanzioso bonus della semifinale (12,5 milioni): al totale, purtroppo, è sottratta una multa di due milioni per violazione del fairplay finanziario (FPF).

Soldi che ossigenano le casse severamente gestite dalla oculata proprietà statunitense, e che serviranno a pagare l’esigente Leao, che oggi come oggi vale già comunque quasi cento milioni. Ma un Milan senza Leao non sarebbe arrivato alle semifinali: è lui, con il formidabile portiere Maignan, a fare la differenza. I fuoriclasse si devono trattenere e pagare. Nella partita doppia di bilancio, grazie a questi 85 milioni, si potrà riscattare dal Real Madrid il bravo Ibrahim Diaz, potendo trattare con gli spagnoli senza dovervi rinunciare; con qualche cessione, resterebbero in cassa parecchi milioni per limare i debiti, senza dimenticare che a questo potrebbe contribuire l’ennesimo incasso monstre al Meazza (tra gli 8 e i 9 milioni di Euro).

E comunque, è molto significativo, per la memoria del calcio europeo, vedere due squadre titolate come il Milan e soprattutto l’inesorabile Real pilotato da Ancelotti (che al Milan deve moltissimo) promosse tra le migliori quattro del Vecchio Continente (il Real sfiderà la vincente tra il Manchester City ed il Bayern, con gli inglesi strafavoriti; il Milan dovrà invece vedersela con la vincente tra la cugina Inter e il Benfica, sconfitto a Lisbona dai nerazzurri per 2-0). Real e Milan, infatti, sono le due squadre che hanno vinto più Coppe dei Campioni e Champions, per quel che riguarda i rossoneri, tuttavia, bisogna tornare indietro di ben sedici anni, per trovarli in semifinale. Che vinsero. Come in finale, un fiero trionfo sul Liverpool, battuto per 2 a 1 il 23 maggio del 2007 con doppietta di Pippo Inzaghi, grandissimo opportunista del gol.

Va da sé che, comunque finisca l’avventura in Champions, il Milan ha riguadagnato visibilità e prestigio internazionale, onorando anche la bistrattata (dagli sponsor e dai network) serie A che in questa stagione ha piazzato tre squadre tra le migliori otto d’Europa e rischia di vederne forse una in finale: legittimando così l’inattesa vittoria della nazionale agli ultimi Europei e riscattando la brutta figura azzurra rimediata nelle fallite qualificazioni dei Mondiali. E’ un segnale. Una premessa che potrebbe essere promessa.

Se le nostre squadre cominceranno a capire che la chiave del successo sta nella virtuosa gestione dei bilanci e nel ridimensionare i mefitici ruoli dei mediatori e dei procuratori, nonché dei loschi complici tra i dirigenti delle società, e che è ora di finirla con lo sperperare risorse acquistando brocconi spacciati per campioni, allora si farà un altro passo in avanti verso la ricostruzione, la rinascita e la rivalutazione della serie A: in fondo, conviene a tutti, sanificare l’ambiente finanziario, limitando gli sciali, e valorizzando i giovani delle proprie “cantere”, per dirla alla spagnola, “vivai” nel nostro gergo (Atalanta, Udinese, Sassuolo sono buoni esempi in questo senso, ci campano). Squadre che badano a non fallire, anzi, a diventare fonte di guadagni investendo in qualità e nel marketing, a modernizzarsi, con adeguate infrastrutture rispettose dell’ambiente e provviste di servizi ed impianti sportivi (palestre, piscine, campi di basket, pallavolo, padel), hotel, ristoranti, bar, come quelli che ho potuto ammirare ed invidiare in Germania, quasi vent’anni fa, ed in Gran Bretagna. Da noi, dovrebbe essere questo il calcio di domani. Che è quello di ieri e di oggi altrove.

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