Quattro mezze giornate jolly da far gestire alle famiglie e agli allievi delle scuole dell’obbligo. L’idea della “bigiata” legalizzata arriva dalla Svizzera dove diciotto cantoni hanno deciso di dare il loro ok a questa formula di “vacanza” contrattualizzata.

La notizia, data ufficialmente dalla Radio Televisione Svizzera, sta facendo molto discutere anche in Italia dove ad oggi psicologi e presidi non la vedono di buon occhio. L’iniziativa oltre confine, nata per favorire la conciliazione famiglia-scuola-lavoro, è nata nel canton Argovia nel 1981, ben 42 anni fa ma l’entrata nel gruppo anche del canton Vallese, che ha appena votato l’introduzione, dal prossimo anno scolastico delle giornate jolly, ha riacceso i riflettori sulle mattinate o pomeriggi dove si può stare a casa senza dover giustificare l’assenza. Secondo quanto riportato da Rts, “la richiesta deve essere fatta dai genitori (o da chi detiene l’autorità parentale) e queste giornate non possono essere gestite dalle allieve e dagli allievi stessi. Con regole diverse, in tutti i cantoni viene richiesto un anticipo dell’annuncio dell’assenza, evitando così che il giorno libero venga preso all’ultimo momento e con finalità frivole e contrarie allo spirito della scuola”.

Le giornate jolly sono concesse solo nelle scuole dell’obbligo. Fra i cantoni completamente latini solo il Giura ha deciso di introdurlo e ha una base legale in tal senso nella Legge sulla scuola del dicembre 1990. Al Giura, si aggiungono i bilingue Friburgo e, fresco fresco, il Vallese. Nella Svizzera tedesca, per contro, l’istituto è largamente diffuso. I più generosi sono i Grigioni (3 giorni), i meno generosi San Gallo (2 mezze giornate) e Appenzello Interno (1 giorno). A fare eccezione: Glarona, Nidwaldo, Obwaldo e Zugo, dove tale possibilità non esiste. Il canale televisivo svizzero spiega poi che “nel canton Grigioni la base legale, fissata a livello cantonale nella legge scolastica, dà la possibilità ai singoli istituti di decidere se e in che misura concedere giorni jolly, per un massimo di tre giorni per anno scolastico. Ne deriva perciò un cantone a macchia di leopardo, con un metro di valutazione non necessariamente omogeneo. Sta di fatto che la realtà dei giorni jolly è sfruttata anche nel Grigioni italiano”.

L’idea, per ora, non piace per nulla agli italiani. A bocciarla su ogni fronte sono gli psicologi. “Una bella strategia – dice con ironia Paolo Crepet – per farsi dei mega ponti. La demenza genitoriale è ormai diffusa e non c’è alcun vaccino”. Di là dell’ironia, lo psicologo e scrittore spiega a ilfattoquotidiano.it: “Così si dà un messaggio ai ragazzi fuorviante ovvero che la scuola è un luogo dove puoi anche non andare. I genitori che abdicano per questa scelta sono incoscienti. Almeno ai tempi, quando frequentavo io la scuola, chi bigiava doveva assumersi un rischio. Questo è invece, un permesso para sindacale”.

Più conciliante ma altrettanto negativa la collega Anna Oliviero Ferraris: “Sono perplessa di fronte a questa iniziativa. Ho sempre più presente studenti che vogliono andare a scuola perché quel luogo rappresenta anche il posto dove si sta con gli amici. Certo, dovremmo vedere la differenza dei contesti socio famigliari e socio economici tra Svizzera e Italia ma non vorrei che questi ragazzi stessero a casa per rintanarsi nella rete anziché stare con mamma e papà”. Nettamente dubbioso anche il numero uno dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli che ci dice: “Mi sembra una soluzione sensazionalistica poco efficace. Teniamola pure in considerazione ma i numeri della scuola svizzera non sono quelli degli studenti italiani. Mi sembra una soluzione non esportabile”.