“Non potrei mai dimenticare il giorno in cui siamo partiti. Era il 27 giugno del 2011. Molti si preparano per mesi, noi siamo arrivati con una valigia a testa e basta”. Renata Serracchioli vive con la sua famiglia negli Stati Uniti da oltre 11 anni. Suo marito è specializzato in informatica, lei è assistente in un asilo privato. Tutto è iniziato con un’opportunità di lavoro oltreoceano. “Mio marito non ha mai nascosto la voglia di vivere in America: così un giorno il suo capo ha pensato che fosse lui la persona giusta per ricoprire il nuovo incarico negli Usa”. All’arrivo, Renata, suo marito Alessandro e i suoi due figli di 9 e 11 anni, si ritrovano di fronte alla meta “tanto agognata”: “Tutto intorno a noi era bello, grande, silenzioso, pulito”. Dopo cinque mesi passati in hotel, “abbiamo saputo che saremmo restati almeno due anni”.

Originaria di Ivrea, in provincia di Torino, Renata, 54 anni, ha lavorato come sistemista software tra Venezia e Milano, prima di essere messa in mobilità nel 2009. Oggi vive a Kenosha, cittadina di 100mila abitanti sulle sponde del Lago Michigan, in Wisconsin, da mamma full time. Le giornate passano tra l’organizzazione della casa, la gestione dei figli, le relazioni con i vicini. “Negli Usa c’è forte bigottismo e chiusura mentale su certe situazioni, però vendono fucili nei supermercati nascondendosi dietro la libertà di possedere un’arma. È il Paese delle contraddizioni”, spiega Renata.

Una delle prime cose che l’ha colpita al suo arrivo è stata la pulizia: “I marciapiedi, i parchi, i bagni pubblici, le spiagge: tutto è più pulito. C’è molto più rispetto per i luoghi pubblici”. “Se cambiasse questa mentalità – sorride Renata –, l’Italia sarebbe un Paese meraviglioso”. Dopo 10 anni negli Usa Renata e la sua famiglia hanno ottenuto la cittadinanza americana. “Nel frattempo i nostri figli hanno concluso le scuole dell’obbligo e ora sono al college, io ho cambiato lavoro un paio di volte e abbiamo allargato, di molto, i nostri orizzonti”.

Ci sono differenze sugli stipendi tra Usa e Italia? “Qui la busta paga arriva due volte al mese, ed è al netto delle tasse statali e federali. Non viene detratto il fondo pensione e nemmeno l’assistenza sanitaria. Quelli sono oneri a carico dell’individuo”. La percentuale di tasse statali si aggira “in Wisconsin intorno al 7,6%”. Per Renata è difficile fare paragoni perché cambia completamente lo stile di vita: l’abbigliamento negli Usa costa meno, così come l’energia e la benzina, ma mangiare fuori costa più che in Italia.

Un consiglio da dare ai giovani? “Vivere all’estero, lontano dalle proprie certezze, dai propri affetti, è molto difficile, non è per tutti. Ma è un’esperienza che riempie – spiega Renata –. È un’esperienza che apre la mente, il cuore, che accresce il bagaglio culturale e linguistico della persona”. Ma farlo da soli non è facile, aggiunge. “Io consiglio di farlo in coppia o con la famiglia”. Non a caso Renata, quando aveva 20 anni, aveva provato a partire per l’America, ma dopo 2 mesi è tornata a casa: “Non c’era internet ed era più difficile coprire la lontananza”, ricorda.

Eppure non si è mai pentita di essere partita. Però, aggiunge, “mi sono chiesta tante volte se avevamo fatto la cosa giusta. E non avremo mai la risposta. Abbiamo imposto ai nostri figli – continua – di crescere senza i nonni, lontani da tutti i parenti: il prezzo che abbiamo pagato per poter dare loro un futuro, forse, migliore”.

L’unica, vera, preoccupazione quando ci si trasferisce in un altro Paese è la scuola, spiega Renata. “Per il resto i figli si adattano molto facilmente e imparano la lingua in fretta. Siamo noi adulti che magari fatichiamo di più ad adattarci”. E la scuola negli Usa merita un capitolo a parte, racconta Renata: ci sono pochi libri, per lo più sono dispense o pdf. Quei pochi libri sono dati in dotazione e verranno restituiti a fine anno. Non ci sono le riunioni di classe e non esiste il rappresentante di classe. Ci sono solo i colloqui fra insegnante e genitori e sono programmati due volte l’anno. I compiti vengono assegnati durante la settimana dando sempre circa una settimana di tempo. Non vengono mai assegnati il venerdì per il lunedì, perché il weekend è considerato un momento di relax, di svago. “Siamo rimasti a bocca aperta quando abbiamo visitato le scuole”, sorride.

Renata ama l’Italia e torna con la sua famiglia appena c’è la possibilità. “Di recente, a causa di una malattia, mi sono resa conto che la cosa che mi manca davvero è la profondità e la sincerità delle relazioni. Qui è tutto superficiale. Se dovessi un giorno tornare penso siano queste le cose che mi spingerebbero a farlo – conclude –. E il mare”. Per Renata dovrebbero rendere obbligatorio al liceo passare almeno un semestre in un altro Paese: “Gli italiani che vivono all’estero amano l’Italia molto più di chi ci vive. Solo in questo modo, forse, gli italiani imparerebbero ad apprezzare le bellezze, i valori, e le bontà che hanno”.

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“In piena pandemia mi sono trasferita in Cina per insegnare. Ero a Londra da 7 anni, ma non mi ero mai sentita a casa”

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