Una voce insistente che circola in Transatlantico, esce dei palazzi della politica, si diffonde ovunque e arriva alle orecchie della diretta interessata. Che decide di scrivere una lettera al più importante quotidiano italiano per smentirla. Non solo. Va oltre, nel suo testo annuncia anche un fatto, per rendere ancora più inattaccabile la sua verità. È quanto fatto da Rachele Silvestri, deputata marchigiana di Fratelli d’Italia: “Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. E il padre è proprio Fabio, il mio compagno. Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l’ho fatto?” ha scritto nella sua lettera al Corriere della Sera Rachele Silvestri, 36 anni, passata dal Movimento 5 Stelle a Fratelli d’Italia.

Il suo è un racconto netto: “Perché, delle volte, la becera realtà arriva a superare anche la più fervida fantasia. Devo partire dal lontano 2018, quando sono stata eletta parlamentare tra le fila del Movimento 5 Stelle – racconta – Nel 2019 sono uscita dal Movimento e, dopo un periodo nel gruppo Misto, ho aderito a Fratelli d’Italia. È stata una scelta di cuore e di ragione, perché col partito di Giorgia Meloni condividevo da tempo le idee e il coraggio”. Poi il racconto di ciò che l’ha spinta a prendere la sua decisione: “Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d’Italia, a sua volta sposato. Mio figlio sarebbe, quindi, nato da una relazione clandestina, grazie alla quale io avrei anche ottenuto la mia candidatura”.

E ancora: “Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita? Non bisogna essere una donna per capire lo schifo, la violenza, l’umiliazione. Mi chiedo – aggiunge – Ma in quanti modi il corpo di una donna può essere violato, calpestato, abusato? – chiede – Quante volte il dono della procreazione può essere strumentalizzato e degradato? In nome di cosa è giustificabile la violenza su un bambino appena nato? Non so chi sia stato – accusa – Molti, però, hanno scelto di condividere una evidente calunnia, di telefono in telefono, di chat in chat, rendendosi complici di questo schifo. E anche chi sa ma ha deciso di non parlare lo è”.

“Alla fine”, continua la lettera, “la presunta notizia è uscita su qualche organo d’informazione e molti giornalisti mi hanno telefonato chiedendo un commento. L’unica cosa che so è che, chi si è inventato questa storia, è un uomo, probabilmente un politico. Qualcuno – dice ancora – dice che la calunnia sia stata pensata per attaccare alcune figure del mio partito, magari per insinuare un degrado da basso impero. Altri mi dicono che sia nato da cacicchi in cerca di gloria. Qualunque sia la ragione, mi fa orrore. E penso che qualsiasi persona dotata di buonsenso – racconta – ispirata a un ethos sociale condiviso, a un’umanità viva e solidale la pensi allo stesso modo. La politica in questa vicenda non c’entra nulla. Perché – aggiunge – se non condividiamo i principi fondamentali di una civile convivenza, che va oltre le legittime convinzioni politiche, non c’è alcuna speranza per la nostra società”. “Ho scelto di rendere pubblica questa storia per tutelare mio figlio e Fabio – conclude – legittimo papà e mio amato compagno, il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l’autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla: non siate neutri, abbiate il coraggio di spezzare la catena dell’indifferenza”.

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