Dopo l’apertura di un’inchiesta giudiziaria, la Soprintendenza prende posizione su quanto accaduto nel Parco nazionale del Cilento dove, lo scorso 14 marzo, è stata fatta esplodere una parte del costone roccioso che sovrasta il tratto compreso tra Cala del Cefalo e Cala Finocchiara. E ordina al sindaco di Camerota, Mario Scarpitta, l’immediata sospensione dei lavori di “somma urgenza” sul tratto di strada in questione: “È consentita la sola rimozione ‘chirurgica’ dei massi in imminente pericolo di crollo e nella pulizia della carreggiata dal materiale lapideo”, mentre viene “severamente inibita” ogni altra opera. Tutto scritto in un documento, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, inviato dalla Soprintendenza archeologica delle Belle arti e del Paesaggio per le province di Salerno e Avellino alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania, al Ministero della Cultura, all’Ente Parco nazionale del Cilento, ai carabinieri e al Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli.

La diffida Un documento nel quale si diffida il Comune ad attivare, “per le opere illecitamente eseguite” e nel più breve tempo possibile, le procedure previste dal decreto legislativo 42 del 2004 (si fa riferimento esplicito alle opere eseguite in assenza o in difformità alle autorizzazione e a interventi di ripristino). E si chiede di predisporre un progetto di “restauro paesaggistico” del sito “inciso dalle demolizioni”. Nel documento si parla esplicitamente di “violazioni riscontrate” e si ripercorre l’intera vicenda che ha scatenato una serie di polemiche e di preoccupazioni in seguito all’esplosione del costone roccioso. Secondo il sindaco “la falesia non è stata toccata”. Lo ha ribadito anche a ilfattoquotidiano.it, ma sono in corso accertamenti per capire quali siano effettivamente stati gli effetti delle esplosioni che sono continuate, con meno potenza rispetto a quelle del 14 marzo, anche nei giorni scorsi.

Per la Soprintendenza non c’erano le condizioni per agire in “somma urgenza” L’ufficio ritiene che non sussistessero le condizioni per agire in “somma urgenza”, una procedura derogatoria che consente in casi eccezionali di agire in tutta fretta senza richiedere e ottenere le normali autorizzazioni. E si spiega che la “somma urgenza” va applicata davanti a “circostanze impreviste, imprevedibili e comunque non preventivamente note all’Amministrazione”, mentre nella vicenda di Camerota non c’era l’impossibilità “di fronteggiare l’emergenza con i rimedi ordinari”. L’ufficio ricorda che lo stato di potenziale pericolo per l’incolumità di persone e cose “era già noto da tempo”, dato che era dovuto a “una vecchia frana”. Il Comune di Camerota, quindi, “avrebbe avuto tutto il tempo necessario per predisporre indagini e relazioni specialistiche” per individuare “le idonee misure di intervento in un contesto così delicato” ed ottenere così, anche attraverso procedure d’urgenza, le autorizzazioni necessarie “previa condivisione delle ipotesi progettuali”. La sovrintendenza, inoltre, ricorda e condivide le parole del commissario dell’Ente Parco del Cilento, Marcello Feola, secondo cui “la semplice interdizione al traffico” avrebbe fatto venir meno il rischio per la pubblica sicurezza.

L’esclusione degli enti di tutela Invece, si racconta, Soprintendenza ed Ente Parco del Cilento “non sono stati mai informati delle procedure avviate, sin da novembre 2022, dal Comune di Camerota ma, viceversa, sono stati sistematicamente esclusi finanche dalla trasmissione di atti e ordinanze comunali”. Nonostante le aree interessate facciano parte dei patrimoni dell’Unesco. La situazione, secondo l’ufficio, non consentiva di effettuare “l’intervento di demolizione del costone roccioso in assenza di autorizzazione paesaggistica”. Cosa che invece è accaduta. E non consente, ora, la prosecuzione dei lavori.

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