“Sono uno dei vincitori del concorso per il potenziamento dei centri per l’impiego in Sicilia. Il 24 marzo ho ricevuto la lettera di assunzione, ma ho deciso di rinunciare”. Come Fulvio – 38 anni, siciliano, una laurea in economia e un master – hanno fatto molti altri. E sui 537 posti per laureati messi a bando, appena 161 quelli che hanno deciso di firmare il contratto, meno di uno su tre. Le loro storie sono ormai un valanga che travolge lo Stato, incapace di attirare e selezionare le persone di cui ha bisogno perché, assicurano i protagonisti, “i bandi finiscono per contendersi gli stessi candidati che alla fine scelgono l’opportunità migliore svuotando gli altri concorsi”. Tempi infiniti e criteri di selezione inadeguati lasciano sguarnita una Pubblica amministrazione che non ha sufficiente appeal nonostante la massima urgenza, tanto che i concorsi li intitola “ricambio generazionale“. Per l’atteso potenziamento dei centri per l’impiego, panacea di tutti i mali, si tratta di un fallimento. E i guai sono solo all’inizio: “Toccherà spiegare a Bruxelles perché non sono state assunte le persone necessarie a imbastire i progetti del Pnrr“, attacca Fulvio. Gli stessi centri per l’impiego sono infatti alle prese con gli obiettivi di Gol, il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori figlio del Pnrr e finanziato dall’Unione europea a patto di raggiungere i traguardi fissati. “Figurarsi – commenta Fulvio – adesso sarà difficile anche solo garantire i livelli essenziali”.

Il potenziamento dei centri per l’impiego è stato annunciato nel 2019, ma ad oggi gli assunti sono solo il 37 per cento di quelli previsti e in alcune regioni siamo ancora a zero (dati del ministero del Lavoro). “In Sicilia l’iter ha richiesto 4 anni e si conclude oggi con un’enorme delusione”, commenta Fulvio. Che nel frattempo ha partecipato a decine di altri concorsi e rinuncia al posto nei centri per l’impiego “perché ne ho vinto un altro“, spiega, confermando che gli enti pubblici ormai si cannibalizzano a vicenda. Ma non imparano la lezione: “Viste le tante domande, la Regione ha alzato così tanto l’asticella che se non avevi almeno un master non potevi partecipare alle prove”, racconta. “Ma così concorrono solo quelli con più titoli ed esperienza, magari nemmeno disoccupati”. Che poi sono gli stessi che vogliono tutti e tutti finiscono per contendersi, ed ecco il perché di tante rinunce. “Mi chiedi un livello come se dovessi lavorare alla Nasa, ma mi stai offrendo un posto da funzionario a 1.450 euro al mese: non hai abbastanza appeal e se trovo di meglio tutto finisce ancor prima di cominciare”. Insomma, vogliamo i soldi del Pnrr ma non siamo in grado di scrivere un bando. Il risultato? Gli idonei al concorso non coprivano nemmeno i posti disponibili perché i criteri di selezione hanno escluso a priori proprio le persone che avrebbero potuto accettare il posto di lavoro. Come Fulvio, anche Roberto ha tre anni di esperienza nei cpi come navigator, oltre a una laurea con 110 e lode. “Ma non sono stato ammesso al concorso perché non ho un master, dottorati o altre abilitazioni”. E se da un lato c’è chi rimane senza lavoro, dall’altro c’è lo Stato che resta col cerino in mano.

In una regione con un alto tasso di povertà, con province dove la disoccupazione supera il 20 per cento ma ogni anno 70mila posti di lavoro rimangono vacanti, il mancato potenziamento dei centri per l’impiego è un crimine. “Intanto non permetterà di organizzare la formazione professionale sulla quale il governo punta nemmeno fosse già cosa fatta”, osserva Fulvio. E avverte: “Che il concorso sarebbe finito con tante rinunce s’era capito da maggio dell’anno scorso, appena concluse le prove scritte”. Non è esattamente un merito, visto che il fallimentare concorso lo ha bandito lei, ma la Regione lo aveva intuito. Tanto che in autunno aveva chiesto al governo di prorogare i 280 ex navigator ancora in forze presso i centri per l’impiego siciliani. Ma per Giorgia Meloni e soci si trattava di mantenere una promessa elettorale. Così il 31 ottobre scorso gli ultimi navigator sono stati definitivamente licenziati, mentre già collaboravano al progetto Gol e ancora nessuna delle nuove assunzioni era stata fatta. Un azzardo che l’esecutivo rischia di doversi rimangiare. Anzi, rimettere sotto contratto gli ex navigator di Anpal servizi potrebbe essere l’unica soluzione a portata di mano per tamponare il problema, garantire i servizi essenziali delle prestazioni cui lo Stato non può abdicare e chissà, non rinunciare ai soldi del Pnrr.

Fulvio fa un passo indietro: “Quando Conte e Salvini lanciarono quota 100 permettendo a tanti di andare in pensione, gli fecero notare che la riforma avrebbe svuotato l’organico della Pubblica amministrazione molto in fretta, mentre il ricambio sarebbe stato lento e difficoltoso, e così è stato”. L’incapacità di bandire concorsi al passo coi tempi ha fatto il resto: “Quella forza lavoro giovane, preparata e capace di lavorare ai progetti del Pnrr non è stata creata e gli organici si sono ridotti al punto che in alcuni casi il servizio pubblico è inesistente”. La questione va infatti ben oltre i centri per l’impiego: le defezioni dei vincitori di concorsi pubblici sono un’epidemia. Nei bandi dell’Inail come in quelli dell’Ispettorato nazionale del lavoro si sono recentemente toccati nuovi record, con sedi territoriali dove al primo giorno di lavoro il 60-70% dei vincitori non si sono presentati. Una prospettiva che non si può escludere nemmeno per i centri per l’impiego siciliani: “Dei 161 che hanno accettato il posto, già alcuni minacciano di non presentarsi perché entro i prossimi 15 giorni aspettano risposte da altri concorsi”. Peggio: c’è chi inizia e poi se ne va. La Pubblica amministrazione italiana ha infatti un turnover che fa concorrenza alla Silicon Valley, “con persone che si fermano due o tre mesi, il tempo necessario ad aggiudicarsi qualcosa di meglio”.

Oltre al problema dei tempi e dello scarso appeal c’è poi quello del costo della vita. “Tempo fa ho rinunciato a un tempo indeterminato in un ministero a Roma – ricorda Fulvio –. Avevo vinto ma i costi dell’affitto che avrei dovuto sostenere non me li potevo permettere”. Lui come tanti altri: “Nelle nostre chat su Telegram si parla solo delle rinunce causate dagli affitti spropositati della Capitale, altra piaga che blocca il ricambio generazionale: anche chi andrà in pensione con quota 103 con tutta probabilità non verrà sostituito”. Tornando al Pnrr, spera che sia un campanello d’allarme: “Sia chiaro che non c’è più tempo per arginare l’emorragia del pubblico impiego e che senza uffici pubblici all’altezza le sfide sono perse, Pnrr compreso”. Un’idea? “Ci vogliono esperti di selezione del personale, possibilmente stranieri, dalla Francia o dall’Inghilterra dove sono parecchio avanti, perché così in Italia non possiamo più continuare”.

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