Politiche (in)attive

Centri per l’impiego, il flop delle Regioni: assunto 1 su 3

Disastro - Meloni vuol togliere il Rdc agli occupabili ma i presidenti non potenziano le strutture: in 4 anni solo 4 mila ingressi su 12 mila

23 Marzo 2023

Si avvicina sempre di più luglio, cioè il momento in cui 400 mila famiglie perderanno il Reddito di cittadinanza; nel frattempo, prosegue molto lentamente il potenziamento dei centri per l’impiego, cioè gli uffici che dovranno – nelle velleitarie intenzioni del governo – prendere in carico queste persone e trovare loro un’occupazione nel giro di soli sei mesi.

Ieri il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) ha risposto a un’interrogazione del Movimento 5 Stelle sull’argomento, mostrando quanto bassi siano ancora i numeri delle assunzioni: su 11.600 previste, al momento le Regioni ne hanno completate solo 4.327. Poco più di un terzo per un piano che è partito nel 2019, quando è stata approvata la legge sul Reddito di cittadinanza e i 19 governatori – tutti tranne quello del Trentino-Alto Adige – hanno ottenuto le risorse per inserire personale negli ex uffici di collocamento.

Questo ampliamento di organico fu preteso, durante il governo giallo-verde, dagli assessori regionali che rivendicarono la loro competenza nelle politiche attive del lavoro, ma all’atto pratico questa volontà è sembrata meno forte. Finora a giustificare questo ritardo era stata la difficoltà di portare a termine i concorsi durante la fase più acuta della pandemia; ora che però le procedure si possono svolgere regolarmente, non sembra molto migliorata la situazione. Al punto che ci sono quattro Regioni che ancora non hanno realizzato neppure una sola assunzione: a quota zero sono Basilicata, Calabria, Molise e Sicilia. Da notare anche la situazione della Campania, cioè la Regione con la quantità più alta di beneficiari di Reddito di cittadinanza: a Napoli e nelle altre province erano infatti state destinate risorse per ben 1.840 assunzioni nei centri per l’impiego, ma oggi ne sono state completate appena 540. Meno di un terzo, insomma, circostanza paradossale soprattutto alla luce delle ripetute uscite sull’argomento del presidente Vincenzo De Luca, che spesso fa sue le frequenti lamentele delle imprese in difficoltà nel trovare manodopera, ma non spende i soldi messi a disposizione per potenziare i servizi pubblici per il lavoro.

La situazione è comunque variegata: con 881 assunzioni su 1.129 la Puglia è a buon punto, così come la Toscana (498 su 643). La famosa “efficienza lombarda” in questo caso sembra essersi inceppata: a Milano e dintorni sono solo a metà dell’opera, con 709 ingressi su 1.378 assegnati. Parecchio lento anche il Lazio, con 364 su 1.130. Questo è dunque il quadro al 31 dicembre 2022, e stranamente sembra non spaventare il governo, deciso ad andare avanti con il suo piano di tagliare drasticamente il Reddito di cittadinanza a partire dall’estate. Considerando le leggi oggi in vigore, i beneficiari ritenuti “occupabili” perderanno il sussidio dopo il settimo mese di fruizione. Nelle scorse settimane sono circolate alcune bozze della riforma: questa dovrebbe prevedere non la perdita totale ma un significativo ridimensionamento dell’aiuto per gli occupabili, che dovrebbero contare al massimo su 375 euro al mese e per un periodo più breve di quello previsto oggi.

L’obiettivo sulla carta è spingere le persone ad attivarsi per un’occupazione, riducendo il sostegno e per questo la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha promesso di potenziare le politiche attive. Ma come si vede chiaramente, i centri per l’impiego non sono ancora pronti poiché ancora ampiamente sotto organico. Tuttavia il governo conta comunque di completare la presa in carico e l’accompagnamento al lavoro – ammesso che ci siano sufficienti posti e i dati sulle previsioni di assunzione dicono che non bastano – con gli attuali strumenti, gli stessi che il centrodestra riteneva inefficienti mentre era all’opposizione. Secondo il deputato M5S, Davide Aiello, questi ritardi nelle assunzioni nei centri per l’impiego “mettono a rischio la realizzazione delle riforme del mercato del lavoro previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e smontano anni di propaganda della destra contro il Reddito di cittadinanza”.

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