Il Grande Cinema è salvo. La sala del Modernissimo di Napoli è gremita per la Primissima del Ritorno di Casanova, appena presentato al Bifest di Bari. Gabriele Salvatores e Toni Servillo lanciano il passaparola: “Se vi è piaciuto, ditelo agli amici”. A me è piaciuto da pazzi. E sollevata dal dubbio se fosse o meno piaciuto a Sorrentino. Ha gradito pure lui. “Hai fatto un buon film”, ha detto a Salvatores. Magistrale l’interpretazione di Tony Servillo, che se anche recitasse l’elenco telefonico sarebbe ammaliante. E poi è cosi’ sexy la sua camminata e l’ iconica posa riflessiva con i piedi leggermente en dehors.

Salvatores, premio Oscar (ma non c’è bisogno di ricordarlo), si confronta con il passare inevitabile del tempo, il fil rouge del suo film-nel-film si compone come scatole cinesi. E confessa un affondo autobiografico: “Preferisco leggere e guardare un bel film. Nella vita vera non c’è trama, come diceva Marx Groucho. Mi sento come un bambino con un sacchetto di caramelle in mano. Le prime mangiate troppo in fretta. Adesso quelle che mi sono rimaste me le voglio gustare una ad una”.
E noi ci gustiamo il salto quantico dal Casanova contemporaneo in crisi (in un poetico bianco e nero) a quello classico, in costume settecentesco (a colori).
Un film che galleggia tra il reale, il surreale in un atmosfera sospesa, da quadro di Magritte. Servillo, fragilissimo dietro la maschera del grande regista e dell’uomo di mondo, inadeguato davanti alla violenza dell’attrazione che prova verso Silvia, un fantasma di giovinezza leopardiana: che il copione vuole contadina colta. Servillo chiede: “ E’ mio il figlio”. Lei, tra i vapori di una vasca termale (fotografia da Oscar) lo mette a posto:” E’ mio ma l’ho fatto con te”. Lui scappa.

Bentivoglio/Casanova, libertino attempato, tenta invece l’ultima carta di seduzione con l’affascinante cortigiana. E se la gioca laidamente proponendo un baratto al giovane ufficiale da lei prescelto. Finale sospeso nel duello per riparare l’onore offeso, rivela invece una “nuda” verità. Servillo tenta una difesa del Casanova tradizionale, quello dalla vigoria sessuale inesauribile: “Don Giovanni le vampirizzava, lui si innamorava o almeno faceva finta. Nel film gli uomini ne escono maluccio. Le donne sono vincenti”.

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