E’ guerra al Reddito di cittadinanza, ma quello dei politici sale. L’assegno scende a 375 euro? In Sicilia quello per gli ex consiglieri sale di 377

“Nessuno può essere privato di quanto necessario a una vita dignitosa”. Così si legge nella delibera con cui il Tribunale interno a Palazzo Madama ha ripristinato i vitalizi agli ex parlamentari condannati in via definitiva, rischio che per altro si corre alla Camera. Quella massima non vale però per 4 milioni di italiani ai quali il governo si appresta a ridurre il reddito di cittadinanza a 375 euro, quello degli ex consiglieri dell’Ars sale di 377 euro. Nessuno dei beneficiari lavora, ma questo è il diverso trattamento cui vanno incontro. Insomma, ci risiamo: a 16 anni e 10 governi dal libro-inchiesta “La Casta”, la politica continua a offrire lo spettacolo dei due pesi e due misure che ha portato i cittadini sempre più lontano dalle urne, come certifica il dato record dell’astensione delle politiche.

L’accostamento può suonare demagogico e populista, ma è un dato di fatto che se da una parte si sforbiciano 3 miliardi sulla pelle di tanti dall’altra si allargano i cordoni della spesa pubblica a beneficio di pochi privilegiati della classe politica. Scelte che stridono per altro con le concomitanti decisioni su altri fronti che saranno portate giovedì prossimo in Cdm nei decreti attuativi della legge delega sul riordino fiscale: il condono agli evasori che toglie incasssi per 1,5 miliardi, la detassazione dei redditi fino a 50 mila euro che ne costa dai 6 ai 10. In questa logica del Robin Hood alla rovescia, che toglie ai poveri per favorire i redditi medio alti, si colloca la ciliegina sulla torta dei politici che incuranti di tutto, dagli effetti della pandemia al carovita, votano da soli gli aumenti di cui solo loro beneficiano, sempre a valere su risorse pubbliche.

Gli esempi si sprecano. Le regalie dell’Ars, ad esempio, non finiscono mai, come raccontato da ilfattoquotidiano.it: pochi giorni fa dalla Sala D’Ercole di Palermo è arrivata la notizia dei ritocchi alle indennità di tutti gli eletti per effetto dell’adeguamento al costo della vita certificato da Istat in 8,1 punti percentuali. Così la voce in bilancio è passata da 16,3 milioni a 17,5, oltre un milione in più l’anno con un aumento medio di 900 lordi sugli stipendi dei deputati in carica e di 377 euro per i loro ex colleghi a riposo, alcuni dei quali percepiscono anche 8mila euro lordi mensili. E pace se la Sicilia è la seconda regione in classifica per percettori di reddito (18%) e dunque di probabili falcidiati dalla riduzione in cantiere.

Ha fatto discutere analogo rialzo deciso a tavoli dai consiglieri della Liguria, altra regione a trazione centrodestra che non si è fatta condizionare da discorsi demagogici: gli ex consiglieri hanno stappato champagne a Capodanno potendo brindare ad aumenti del 12% perché ancorati all’indice di inflazione. E non solo loro, visto che chi vota oggi beneficia domani, in un sistema solidale al rialzo automatico che non riguarda mai salariati e pensionati comuni. I costi per le cariche cessate schizzano così di 800mila euro in un attimo. Si accontenta di un più modesto 4% il Trentino Alto Adige ma con la promessa già scritta in delibera e nei bilanci di ritornare alla rivalutazione piena tra due anni. Il dubbio dell’opportunità ha scavato solchi profondi nelle coscienze di alcuni consiglieri regionali che senza rinunciare all’aumento, dopo infinite polemiche, hanno firmato per il beuaugest di concedersi meno di quanto avevano richiesto.

Ad esempio la Toscana, dove l’aumento è stato poi contenuto al 3%, con un esborso comunque impegnativo sulle casse della regione che spende 4 milioni l’anno per vitalizi. Idem in Umbria dove anziché l’8% il ritocco si è limitato al 5,5%. E siamo alla Calabria, con circa 240mila residenti percettori di reditto e zone come Lamezia che detengono il record nazionale di percettori del reddito (19% delle famiglie). I calabresi dunque non se la passino benissimo, e tuttavia pochi si sono scomposti all’idea di autoregalarsi un bonus a fine mese che arrotondi le pensioni dei 150 ex consiglieri che già costano 9 milioni l’anno, compreso l’ex presidente Giuseppe Scopelliti che ha scontato 4 anni per falso in atto pubblico. L’aumento a valere su fondi pubblici è vero e concreto: dal primo ottobre 2022, compiuti i 55 anni, grazie all’altro privilegio di anticipare la pensione con decurtazione del 5% percepisce “solo” 4.694,30 euro al mese lordi, 2500 euro netti. Nulla a che vedere con gli anziani veri, quelli che in pensione vanno a 67 anni con 600 euro di pensione o giù di lì. Ma che se sono ancora lontani e non lavorano, si vedono ridurre il reddito di cittadinanza.

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