Sabato sera l’avvistamento e le ricerche della Guardia di finanza interrotte per le condizioni meteo. Poi l’allarme “improvviso” all’alba di domenica, un pescatore allertato dalla Capitaneria di porto e la scoperta dell’ultima strage di migranti. Cosa è accaduto in quelle ore? Come si è mossa la macchina dei soccorsi dopo la segnalazione dell’imbarcazione di fronte alle coste di Crotone? E in passato gli interventi in condizioni proibitive sono stati diversi e massicci? I punti fermi, al momento, sono pochi e racchiusi in due comunicati stampa e in alcune testimonianze. Qualcuno avanza il sospetto di una sorta di immobilismo e, a chi ha parlato di un vero e proprio buco nei soccorsi, il Viminale ha risposto con la minaccia di querele.

Le condizioni difficili e il rientro della Gdf
Per iniziare a ricostruire la strage consumatasi su una spiaggia di Steccato di Cutro bisogna partire dall’allarme di sabato sera, quando dall’aereo Eagle1 di Frontex individua la barca a 40 miglia dalle coste calabresi, anche se il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura ha rivelato come un primo alert fosse stato lanciato ben 16 ore prima dell’incidente senza indicare la posizione del barchino caricato di migranti. Sabato sera l’intervento è affidato alla Guardia di finanza, che cerca di raggiungere l’imbarcazione con uno scafo veloce V.5006 della sezione navale di Crotone e il pattugliatore Barbarisi del gruppo aeronavale di Taranto. Condizioni del mare “difficili”, ha scritto il Roan di Vibo Valentia, che hanno portato alla “impossibilità” di “proseguire” in sicurezza. Le due imbarcazioni fanno così rientro a terra al termine di un’operazione che non è ancora chiaro se sia stata di law enforcement per traffici illegali o di search and rescue. A che ora viene gettata la spugna della ricerca in altura? La stessa Guardia di finanza ha spiegato che è poi stato “attivato il dispositivo di ricerca a terra” seguendo le “direttrici di probabile sbarco” con “ricerche lungo la costa”.

La testimonianza: “Avvisato alle 5.40”
Solo che l’imbarcazione non arriverà mai a toccare terra, schiantandosi ore dopo contro una secca a circa 150 metri dalla riva. C’erano imbarcazioni della Guardia costiera in navigazione sotto costa per pattugliare i possibili punti di sbarco? O le motovedette si sono mosse solo dopo il ritrovamento dei resti del barcone? Un tassello lo ha aggiunto un pescatore, Antonio Grazioso, a Buongiorno Regione del TgR Rai della Calabria: “Alle sei meno venti ho ricevuto una telefonata della Guardia costiera di Crotone che mi chiedeva di recarmi nella zona del fiume Tacina perché c’era una barca in avaria per andare a vedere cosa stava accadendo. C’era una strage, appena sono arrivato sulla spiaggia nelle onde avvistavi i cadaveri”. In quel momento quindi la Guardia costiera non aveva ancora mezzi in zona? Va considerato, come sottolineano diverse fonti a Ilfattoquotidiano.it e ha confermato anche il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia, che con quelle condizioni di mare un “eventuale abbordaggio sarebbe stato estremamente rischioso”. Il vento di scirocco aveva gonfiato il mare fino a forza 7, una situazione certamente proibitiva. Tecnicamente alcune classi di unità navali a disposizione della Guardia costiera – la 300 e la 800 – sono catalogate come “ogni tempo”, cioè in grado di navigare anche in condizioni estreme. Nel caso di uscita, spetta in ogni caso agli operatori che si trovano in mare scegliere il da farsi.

Il procuratore: “Mancano uomini e mezzi”
In quel momento, sulla scorta dell’avvistamento della serata precedente e dopo il tentativo fallito della Guardia di finanza, c’erano unità in acqua sotto costa alla ricerca della barca dei migranti? Ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare l’ufficio comunicazione della Guardia costiera per porre queste domande ma al momento della pubblicazione non ha ancora ottenuto risposta. “Stiamo anche vedendo di ricostruire la catena dei soccorsi ma non ci sono indagini su questo. Stiamo ricostruendo tutti i passaggi dall’avvistamento in poi per ricostruire cosa è stato fatto e confrontarlo con quello che si doveva fare che sembra sia stato fatto”, ha spiegato il procuratore Capoccia sottolineando che “qui mancano uomini e mezzi delle forze dell’ordine” e il governo “dovrebbe capire che sarebbe necessario impostare in modo diverso le strutture”. Il capo degli inquirenti ha anche sottolineato quella che ha definito una “stranezza”: “Dalla barca non è mai partita una richiesta di soccorso”, sottolineando solo una “strana triangolazione” che ha portato al primo alert a 16 ore dalla tragedia. “Ma dalla barca – ha rimarcato – non hanno chiesto aiuto come succede sempre non appena arrivano in prossimità della costa”.

I precedenti
C’è un precedente interessante, avvenuto nella stessa zona, poco meno di due anni fa. Tra il 24 e il 25 aprile 2021, furono salvati 119 migranti a bordo di un peschereccio in difficoltà con mare forza 6/7 e raffiche di vento fino a 40 nodi, dopo un avvistamento, il Centro nazionale operativo della Guardia costiera coordinò un’operazione Sar andata avanti per circa 24 ore. Verso il peschereccio furono inviate tre motovedette: la CP323 da Siracusa, la CP326 da Roccella Jonica e la CP321 di Crotone, la stessa intervenuta sulla spiaggia di Cutro dopo il naufragio di domenica mattina. Sul posto venne anche fatta dirigere la portacontainer Amelie Borchard. A bordo delle motovedette erano stati imbarcati anche i soccorritori marittimi ma le condizioni meteo resero impossibile il trasbordo dei migranti. Per questo venne allestita una “scorta” verso Roccella Jonica, con l’Amelie Borchard utilizzata a mo’ di diga per proteggere l’imbarcazione dal forte vento e dalle onde. Nell’ultimo tratto di navigazione, il motore del peschereccio andò fuori uso aumentando il rischio che il natante – va sottolineato certamente più stabile del barcone distrutto a Cutro – si capovolgesse e per questo venne venne rimorchiato dalle tre motovedette. Una vicenda che si aggiunge al racconto fatto da Orlando Amodeo, per lunghi anni dirigente medico della polizia di Stato e da anni soccorritore a Crotone, durante la puntata di Non è l’Arena. Frasi, le sue, che hanno portato fonti del Viminale a minacciare querele. Amodeo, che una volta andato in pensione è stato anche candidato dei Verdi, non arretra e a Ilfattoquotidiano.it conferma: “Nel 2013 con mare forza 8 intervenimmo con due motovedette a 42 miglia dalla costa salvando 147 migranti. Ho sempre fatto il mio lavoro con rispetto delle regole e massimo impegno. Non temo quello che dice il ministro Matteo Piantedosi”.

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