Giuseppe Nirta, 83 anni, il boss e capo dell’omonima e potente cosca della ‘ndrangheta, è morto nel carcere di Parma dove stava scontando l’ergastolo. La settimana scorsa era stato ricoverato a causa di alcuni problemi di natura cardiaca. Dopo circa due anni di latitanza era stato arrestato dai carabinieri del Gruppo di Locri alla fine di maggio del 2008 a San Luca. Il boss si nascondeva in un bunker che era stato realizzato all’interno dell’abitazione di una parente. Su Nirta pendeva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito della vasta operazione anticrimine, scattata a San Luca e dintorni alla fine di agosto del 2007, denominata “Fehida”. Un blitz che consentì di sgominare alcuni potenti e ramificati clan della ‘ndrangheta sanluchese impegnati nella lunga e sanguinosa “faida di San Luca”, protrattasi per circa 20 anni. Una mattanza culminata a Ferragosto del 2007, in Germania, con la “strage di Duisburg” dove furono uccise, ben 6 persone. A farsi la guerra, all’epoca, erano i clan Nirta Versu-Strangio Janchi, da una parte, e Pelle Vanchelli-Vottari Frunzu dall’altra.

Nirta agli inizi del 1982 era stato arrestato in Lombardia, a Voghera dove prestava servizio come bidello in un istituto scolastico tecnico, perché coinvolto nel sequestro dell’imprenditore lombardo, Giuliano Ravizza, rapito nell’autunno del 1981 e rilasciato tre mesi dopo dietro il pagamento di un riscatto di circa 4 miliardi di lire. Al termine del processo scaturito dall’inchiesta sul sequestro, Nirta fu condannato a 27 anni di reclusione. Giuseppe Nirta, detto “U guardianu”, era anche il padre di Giovanni Luca Nirta, figura, secondo gli inquirenti, di primo piano dell’omonima “famiglia” sanluchese e marito di Maria Strangio, la trentenne madre di tre figli minorenni uccisa per errore in un agguato di ‘ndrangheta il giorno di Natale del 2006 a San Luca. Nella stessa occasione rimasero ferite tre persone, tra cui un bambino di 5 anni, nipote di Maria Strangio. All’epoca si scoprì che il vero obiettivo dell’agguato era proprio Giovanni Luca Nirta. Dalle indagini sfociate nell’operazione “Fehida” emerse inoltre che l’agguato in cui fu uccisa Maria Strangio era stata la cruenta risposta, sempre nell’ambito della “faida di San Luca”, al ferimento ad Africo, in un agguato, la sera del 31 luglio del 2006, di Francesco Pelle, alias “Ciccio Pakistan”, elemento di primo piano dell’omonima cosca. Un intreccio di agguati e vendette incrociate, con i morti ed il feriti che ne sono conseguiti, che sono sempre state una caratteristica delle vicende di ‘ndrangheta.

Articolo Precedente

Primarie Pd, vorrei che i due candidati camminassero al fianco dei familiari delle vittime di mafia

next
Articolo Successivo

‘Ndrangheta stragista, la requisitoria – Così dopo le bombe del ’93 “il sostegno elettorale fu canalizzato verso Forza Italia”. L’appello al boss Graviano a dire chi gli chiese di proseguire gli attentati

next