E’ durato tre mesi il decreto interministeriale col quale lo scorso 4 novembre il governo Meloni ha inaugurato la discussa pratica di imporre alle navi delle organizzazioni non governative operanti nel Mediterraneo gli “sbarchi selettivi“. Oggi una sentenza del Tribunale civile di Catania lo ha dichiarato illegittimo. Anzi, “se non fosse cessata la materia del contendere, per l’avvenuto sbarco, il ricorso sarebbe stato accolto con conseguente condanna dei ministeri al pagamento delle spese del giudizio”, ha spiegato il presidente Marisa Acagnino in un passaggio della sentenza che ha accolto il ricorso di 35 migranti della Humanity 1, poi sbarcati nel porto del capoluogo etneo l’8 novembre 2022. La selezione, avvenuta come da decreto in base alle condizioni di salute, aveva lasciato a bordo i 35 uomini ritenuti “sani”, e con loro la nave della ong tedesca Sos Humanity avrebbe dovuto riprendere il mare lasciando le acque territoriali italiane. Secondo il Tribunale di Catania, si sarebbe impedito “in modo discriminatorio il diritto al salvataggio e l’accesso alla procedura di asilo”. “Fra gli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese – ha spiegato la presidente Acagnino nel provvedimento – vi è quello di fornire assistenza ad ogni naufrago, senza possibilità di distinguere, come sancito nel decreto interministeriale, in base alle condizioni di salute”.

Dopo lo sbarco di 144 dei 179 naufraghi, i 35 uomini ancora a bordo avevano avviato un procedimento giudiziario accelerato presso il Tribunale civile per chiedere che fosse garantito con urgenza il loro diritto di richiedenti protezione all’accesso alla procedura di asilo a terra. Nel frattempo i migranti avevano iniziato uno sciopero della fame ed era seguita una ulteriore ispezione sanitaria che aveva imposto lo sbarco di tutti in base a una valutazione psicologica. Così nel giro di 48 ore tutti, compresi i 217 migranti rimasti a bordo della nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere approdata nelle stesse ore, era scesi a terra. Lo sbarco ha impedito che i giudici si esprimessero per fermare la condotta illecita da parte dell’Italia e condannare i ministeri che avevano firmato il provvedimento. “In presenza di domanda di protezione internazionale – spiega ancora la presidente della sezione immigrazione del Tribunale civile di Catania – sorge l’obbligo dello Stato italiano a registrare tale domanda, consentendo la regolarizzazione, seppure temporanea, della permanenza del migrante nel territorio dello Stato”.

Secondo gli avvocati Giulia Crescini, Cristina Laura Cecchini e Riccardo Campochiaro, che hanno assistito i 35 migranti nel ricorso, “la sentenza è rilevante anche per il più recente decreto legge del 2 gennaio, firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dalla premier Giorgia Meloni, che ha riformato il decreto di novembre e imposto ulteriori regole all’attività di salvataggio in mare”. “Ricordando quali sono gli obblighi dell’Italia sanciti dal diritto internazionale, la sentenza chiarisce che violarli significa negare diritti fondamentali, compreso quello di presentare una richiesta di protezione internazionale, possibilità che è prerogativa di ogni porto che possa dirsi sicuro”, spiega l’avvocato Cecchini. Che aggiunge: “La sentenza dimostra che voler distinguere tra soccorsi legittimi e illegittimi, come fa il decreto Piantedosi, è un tentativo di burocratizzare qualcosa che le norme internazionali già regolano abbondantemente e che per tutti i naufraghi, indistintamente e a prescindere dalle modalità di soccorso, non può che concludersi con lo sbarco in luogo sicuro”. Con il decreto ormai prossimo al voto in Parlamento, la ong Sos Humanity ha chiesto “ai parlamentari italiani di votare mercoledì contro questo decreto illegittimo e di impedirne la conversione in legge”.

Sul decreto interministeriale di novembre, poi, è attesa anche una decisione del Tribunale regionale di Roma sull’azione avviata dalla stessa Sos Humanity. In particolare per la comunicazione ricevuta dalla nave il 4 novembre firmata dai ministri dell’Interno Piantedosi, della Difesa, Guido Crosetto e delle Infrastrutture e Mobilità, Matteo Salvini che intimava al comandante di non sostare nelle acque italiane se non per il tempo utile ad “assicurare operazioni di soccorso e assistenza a persone che versano in condizioni di emergenza e in precarie condizioni di salute”. Il comandante Joachim Ebeling, nuovamente sollecitato a lasciare le acque territoriali dopo lo sbarco selettivo di 144 migranti ha respinto la richiesta citando i suoi doveri in base al diritto del mare, spiegando che non avrebbe lasciato il porto sicuro di Catania finché tutte le persone da lui salvate non sarebbero scese a terra”.

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