Rosa Chemical, Fedez, Paola Egonu, l’appello alla liberalizzazione della cannabis. Il Festival di Sanremo si è trasformato in un festival di polemiche, tutte montate dalla maggioranza di centrodestra. Attacchi su attacchi mentre gli ascolti hanno premiato il prodotto di punta della Rai con un share sempre oltre il 57% e arrivato a un picco del 66,5% nella quarta serata. Un successo in termini di prodotto, ma le scelte autoriali sono finite nel mirino del governo. Un cavallo di troia per una rivoluzione ai vertici, con anche l’ad Carlo Fuortes messo nel mirino. Tanto che Stefano Coletta, il direttore dell’Intrattenimento Prime time della Rai, solitamente pacato nel rispondere agli attacchi, chiude la kermesse canora con una risposta senza mezzi termini: “Non posso rispondere di ogni gesto che fa un artista in diretta. Allora dovrei dimettermi ogni giorno. Non è civile. Stiamo qui solo a parlare di questo, degli attacchi della politica, non di un festival che sfiora il 70% di share. Non è normale”, dice a Repubblica.

Coletta: “La tv rappresenta la società” – “Lavoro da trenta anni stretto al prodotto e non faccio mai valutazioni di natura politica. Nel momento in cui Amadeus ha la libertà editoriale, che condivide con me, è la libertà assegnata a ogni artista – che sia cantante, attore, conduttrice o conduttore – a segnare il percorso. È l’impianto più corretto per procedere”, spiega difendendo come è stato strutturato il Festival. “Penso che la televisione debba rappresentare tutta la società, nella sua interezza. Che sia interessante la complessità”. Fratelli d’Italia e Lega sono sul piede di guerra e tutti i retroscena raccontano di come Palazzo Chigi sia pronta a un colpo di mano su viale Mazzini. Anzi, il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi è stato ancora più esplicito parlando pubblicamente della necessità di “cambiare la narrazione del Paese”. Insomma: spoil system alle porte.

L’ultima di Salvini: “Fare riflessione sulla gestione” – E anche domenica mattina, a kermesse ormai chiusa, il vice-premier Matteo Salvini è tornato a piazzare una nuova stoccata: “Ho scoperto chi ha vinto stamattina – ha detto – Auguri a chi ha vinto: non commento altro, sicuramente una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta”. Quindi sostenendo di non aver visto la finale, perché era in giro con la figlia, essendo “molto più bello il centro di Firenze che altro…”. “Ho avuto tanti e tali impegni che non ho avuto tempo di occuparmi di altro: ho guardato l’esibizione di Albano e ieri sera la mia compagna mi ha fatto sentire Gino Paoli – ha concluso – Io sono, come dice mio figlio, vecchio, e quindi mi piacciono questi artisti”.

Amadeus: “Se mi mandano via, sarà per le mie idee” – Sul vento di repulisti che soffia sul Festival si è soffermato anche Amadeus, direttore artistico e presentatore nell’ultimo quadriennio: “Se mi mandano via me ne vado. Se chiunque dovesse dirmi che il mio mandato finisce qui, ne prenderei atto, conservando quattro anni bellissimi”, ha detto nella conferenza stampa finale. “Nella vita, al di là dei festival, dipende tutto da un risultato: se si ottengono questi risultati hai una forza, se avessi fatto il 15-20% in meno sarei un allenatore esonerabile”, ha aggiunto ricordando che “qualsiasi allenatore è forte finché la squadra vince, se la squadra perde anche i più grandi sono a rischio esonero”. Ma, tra le righe, ha assicurato che non esisteranno compromessi sulla sua permanenza: “Ecco perché devo portare quello che sento, e se si sbaglia bisogna sbagliare con le proprie idee, e non con le idee o le imposizioni di qualcun altro”.

“Discorso tecnico non sia valutato politicamente” – “Rispetto alla mia poltrona mi auguro fortemente che chi fa un discorso tecnico non sia valutato politicamente. Sarebbe un errore per l’azienda perché le persone sanno discernere l’operato di un dirigente: chi conosce la mia storia conosce la mia trasparenza”, si è difeso Coletta. Che ha quindi sottolineato come non essendo “stato mai rintracciabile un vulnus nella mia professionalità”, sono arrivato gli attacchi “sul privato, dal punto di vista sessuale”. Una “ferita”, li definisce: “Essere attaccati per l’orientamento sessuale, per demolire la professionalità con letture omofobe è una ferita e niente ti può risarcire. Tutti gli anni di sacrificio, impegno, di giornate fatte di solo lavoro, saltano in un istante perché nella vita si ha un compagno e non una compagna? L’autenticità è sempre stato il faro del mio percorso umano e professionale, e spero di essere letto per quello, non per la vita privata”.

Il ritorno sul caso Fedez – Quindi è tornato sulla vicenda dell’esibizione di Fedez, con il freestyle nella seconda serata del Festival durante il quale ha strappato la foto del viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami vestito da nazista delle SS: “Io e la mia vicedirettrice Lentini abbiamo saputo nell’imminenza della messa in onda che Fedez non avrebbe più portato il testo che ci era stato consegnato da giorni. Il segmento legato alla nave è una parte di sei ore di programma, controlliamo tutto – ha ricostruito nuovamente – Abbiamo saputo solo nell’imminenza che si era rifiutato di consegnare il nuovo testo. Per tutte le serate, anche di quel piccolo segmento, dagli altri abbiamo ricevuto tutti i testi, che sono rimasti tali. Solo Fedez ha cambiato all’ultimo minuto”. E ha sottolineato che la “richiesta era sempre stata quella di non fare riferimenti politici, essendoci domenica due votazioni importanti nel Lazio e in Lombardia”. Per questo, ha aggiunto, “mi sono dissociato il giorno dopo”.

Sanremo come “specchio della realtà” – Un “prodotto televisivo – ha rimarcato – non è necessariamente sempre il risultato di strumentalizzazioni politiche”. Mentre sul monologo di Chiara Francini legato alla maternità, un altro tema molto caro al centrodestra, ha chiarito: “Ha colpito anche me. Francini ha voluto portare questo monologo per rivendicare che una non maternità non indica una menomazione e che c’è un diritto di scelta a non diventare madre. L’ho trovato molto profondo, attiene alla libertà di scelta delle donne, a cui, di generazione in generazione, hanno sempre chiesto di dover fare i conti con un modello. Un elemento di contemporaneità a cui io non assegno significati politici, il mio sguardo è più psicanalitico”. E ha ricordato come lo share altissimo indichi che il pubblico “si riconosce nella narrazione” vuol dire che “si tratta del risultato dei tempi, del sentire comune”. In altri termini: “Sanremo è uno specchio che include il tempo reale: dal presente alla memoria”. Poi nel corso della conferenza di chiusura del Festival, Coletta è tornato a sottolineare: “Non c’è Sanremo se non c’è polemica ma ribadisco per l’ultima volta che il prodotto televisivo è un lavoro che vuole parlare a chi guarda la tv, senza alcun indottrinamento ma portando il miglior prodotto televisivo possibile”.

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