Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ribadisce la su contrarietà ad aumenti dei salari per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie eroso dall’inflazione. Le ricadute della stretta monetaria che sta portando avanti la Banca centrale europea devono sostenerle insomma famiglie e lavoratori. “Per compensare la perdita del potere di acquisto” determinata dall’inflazione “l’unica soluzione potrebbe essere di far leva su una sostenuta crescita della produttività, sebbene misure fiscali mirate e temporanee per alleviare il peso sulle famiglie e sulle imprese più duramente colpite non dovrebbero ovviamente essere escluse”, ha detto stamane Visco, nel suo intervento al convegno The Warwick Economics Summit 2023. Per aumentare la produttività è però necessario che chi lavora lavori meglio e con migliori strumenti, quindi che le aziende investano o che si spostino su produzione a maggiore valore aggiunto. In ogni caso tempi lunghi e nel frattempo le buste paga si fanno più leggere. Senza contate che, aspettando la produttività, gli stipendi italiani sono rimasti gli stessi di 30 anni fa, caso unico tra i paesi dell’Ocse.

“Se dovessero comparire segnali di una spirale salari-prezzi e le aspettative di inflazione diventassero insufficientemente ancorate, un ulteriore e significativo inasprimento della politica monetaria sarebbe certamente giustificato”, ha proseguito Visco secondo cui “potrebbe essere troppo presto per concludere che c’è una tendenza al radicamento nella contrattazione dei salari dell’inflazione relativamente alta” in quanto, “le aspettative di inflazione sembrano essere rimaste ben ancorate e le banche centrali sono pienamente impegnate a raggiungere la stabilità dei prezzi”. Il timore di Visco è che, dopo dieci anni di politiche monetarie ultraespansive che hanno favorito soprattutto le classi più abbienti e favorito l’inflazione, un incremento dei salari generi ora ulteriori pressioni sui prezzi. La “tassa” sulla zona euro rappresentata dall’incremento dei prezzi dell’energia “non può essere restituita a chi ce l’ha mandata e non può essere eliminata attraverso ciò che si risolverebbe in un’inutile corsa tra prezzi e salari, una corsa di fronte alla quale la politica monetaria reagirebbe prontamente, e neppure attraverso un eccessivo e permanente aumento del debito pubblico, che rappresenterebbe un fardello per le più giovani e future generazioni”, insiste Visco.

“L’estrema incertezza in cui ci troviamo implica inevitabilmente, per il momento, un costante inasprimento della politica monetaria per evitare la possibilità di rilevanti effetti indiretti nell’Eurozona” ma la “stessa incertezza suggerisce anche di muoversi gradualmente e prudentemente, con i tassi ufficiali che continuano a salire in un modo progressivo ma misurato, sulla base dei nuovi dati e del loro uso nella valutazione dell’outlook sull’inflazione”, ha poi ribadito il governatore. Con una piccola nota di ottimismo Visco, non crede che “l’area dell’euro possa sperimentare la lunga persistenza dell’inflazione osservata in molti Paesi durante gli anni 70″. “Penso che sia molto improbabile non solo per i sostanziali miglioramenti della politica monetaria ma anche e soprattutto per i numerosi cambiamenti strutturali che si sono realizzati nelle nostre economie da allora”. “Non credo che la recessione sia inevitabile per ridurre l’inflazione” e “i recenti sviluppi nell’area euro e negli Usa come pure i sondaggi e le aspettative di mercato sono confortanti in questo senso, in quanto l’inflazione è prevista scendere rapidamente al 2% in un contesto di temporaneo rallentamento” ha infine concluso Visco.

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