di Andrea Taffi

L’altra sera, guardando Otto e mezzo, ho sentito Lilli Gruber chiedersi che senso avesse avuto parlare del caso Cospito, con annessi 41 bis; delirio parlamentare di Giovanni Donzelli; visita di una delegazione Pd al carcere sassarese di Bancali… Che senso avesse avuto tutto questo se poi è bastata una lettera (la vecchia cara lettera) della presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Corriere della sera, con richiesta di abbassamento dei toni e annessa blindatura di Donzelli e Andrea Delmastro, per far sparire di colpo tutto questo dalle agende della politica nostrana e, per conseguenza diretta, dai salotti della televisione nazionale.

La stessa amara considerazione la conduttrice di Otto e mezzo l’ha fatta per la polemica (anche questa in primis politica) sulla partecipazione in video del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky al festival di Sanremo. Perché (si è chiesta ancora la Gruber) averne parlato per giorni se poi è bastata una frettolosa e maldestra derubricazione del caso a lettura sul palco dell’Ariston, da parte del conduttore Amadeus, di una lettera (ancora una lettera) scritta dallo stesso Zelensky?

La delusione sul “che senso ha” della Gruber si è poi estesa in trasmissione anche alle primarie del Pd, in effetti poco attrattive e (forse) inutili in chiave di rinnovamento del Partito Democratico, partito che rischia di essere più diviso (e inutile) di prima. Ecco, questa ricerca (tra lettere e primarie) del senso perduto mi fa pensare al fatto che (forse) la risposta alla domanda della Gruber andrebbe semplicemente ricercata nel senso delle cose, che tutti noi (giornalisti e opinionisti per primi) dovremmo avere sempre presente, sempre davanti a noi. Voglio dire che (secondo me) non ha senso scatenare infiniti dibattiti televisivi su ogni questione polemicamente innescata dalla politica nazionale.

Non ha senso (per esempio) partire lancia in resta contro un modo di fare privo di decoro istituzionale, quando poi tutto il putiferio scatenato a favore di telecamere finisce per far venir fuori comportamenti imbarazzati e incomprensibili da parte di altri. Non ha senso alimentare in televisione polemiche politiche su presunte violazioni di dati sensibili, quando quei dati sono l’esatta fotografia di quello che è successo. In questo modo basta una lettera (e non una conferenza stampa), basta un richiamo stile “buon padre di famiglia” per far svanire di colpo le polemiche, le critiche, le argomentazioni, anche articolate, anche complesse, dei vari opinionisti televisivi.

È bastata una lettera. Forse è per questo allora che i vertici della Rai hanno rinunciato alla presenza fisica (seppure in video) del presidente Zelensky in favore di una lettera – appunto – di uno scritto da leggersi in diretta dal palco del festival della canzone nazionale. Chissà.

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