Le indagini sulla trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro, arrestato a Palermo il 16 gennaio scorso, proseguono. Ricostruire la rete di chi nel corso del tempo ha aiutato su più livelli il boss di Castelvetrano è uno degli obbiettivi degli investigatori del Ros, coordinati dalla Dda di Palermo. Ebbene anche oggi, dopo l’arresto di Andrea Bonafede l’uomo che ha prestato secondo l’accusa la sua identità al padrino, la lista dei fiancheggiatori è stata aggiornata. Nel registro degli indagati sono stati iscritti Vincenzo e Antonio Luppino (nella foto), figli di Giovanni, l’incensurato che ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena, dove entrambi, lunedì, sono stati arrestati. I carabinieri hanno perquisito le abitazioni dei due Luppino: nell’appartamento di Vincenzo è stata trovata una sorta di stanza nascosta che stata perquisita ma è risultata vuota. Nei giorni scorsi in un’area recintata di proprietà dei Luppino la polizia ha trovato la Giulietta utilizzata dal boss per i suoi spostamenti.

Intanto nessuno sembra ricordare aver di aver visto il boss fare la spesa nel supermercato dove Messina Denaro è stato sicuramente perché esistono le immagini e perché sono stati trovati degli scontri. “Ricordo di una sagoma con un cappello che era nei corridoi e faceva la spesa. Ma con lui non ho avuto contatti” dice uno dei sei dipendenti del punto ‘Coop’ di viale Risorgimento a Campobello di Mazara. Lunedì mattina i carabinieri hanno sequestrato l’intero hard-disk dove vengono registrare le immagini delle telecamere a circuito chiuso. Secondo quanto avrebbero accertato gli inquirenti, qualche giorno prima dell’arresto il boss sarebbe stato nel punto vendita per fare la spesa, acquistando poche cose. “Non siamo sicuri che il giorno in cui questo signore è entrato fosse sabato” ha detto il dipendente. Proprio lì, come anticipato dal Fattoquotidiano.it, sono stati acquistati del tritato, delle birre e il Dixan per una spesa complessiva di 26 euro. Proprio a pochi metri dalla stazione dei Carabinieri, in un bene confiscato alla mafia: segno che Matteo Messina Denaro si muoveva senza timori di essere segnalato, nemmeno visto né riconosciuto.

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